2023 seconda parte – let’s go! 😎

Qualcuno starà in ferie, altri avranno finito, ma intanto qui le scuole hanno già riaperto, why not. Avevo già scritto un po’ di volte di come il 15 di Agosto si potessero vedere ragazzini in divisa invernale, con tanto di cartella pesante sulle spalle, quindi niente di nuovo. Per dire, sono uscita oggi e un signore aveva il cappotto pesante che penso sia esagerato anche per il clima lunatico di qui. Piove, piove, poi esce il sole e sudi, poi piove di nuovo e sudi ancora perché è pur sempre estate. Comprendo i confusi che indossano ciabatta aperta pelosa ed impermeabile a questo punto. Ma poi vabbè, c’è il Fringe Festival in città fino a fine mese, non dà nell’occhio nessuno.

☀️Di sicuro niente a che vedere con il clima mediterraneo infernale – posso confermare anche io – visto che questa stagione me la sono passata buona parte a morirmi di caldo in Italia, perché a me non piace il caldo. Ha senso? Non proprio. Ma il mare merita sempre una visita, anche perché è l’unico posto dove si respira – in acqua. Ho un minimo di abbronzatura che non vedevo da anni e sono sopravvissuta con il ventilatore puntato addosso al massimo. Ah, ecco perché vivo in Scozia, giusto.

Io e Fidanzato siamo tornati con un volo notturno che ha fatto un ritardo di un’ora e mezza, capitati in mezzo ad una perturbazione con i fiocchi quando arrivati sulla stretto della Manica. Nel bel mezzo del servizio di cene e drink dal carrello sgangherato, il capitano ha chiesto gentilmente allo staff di andarsi a sedere. Bello, molto bello, da rifare, esperienza TARDIS di Docotor Who compresa nel biglietto aereo.

“Immagina se cadiamo giù!” Ma anche no, stellina bella, che vai a dire, mi fai come quella bambina inglese all’aeroporto con il papà che tutta emozionata e sorridente diceva “Daddy we are going to fall, daddy we are going to DIE!” (“Papà cadremo, papà moriremo”). Istinti suicidi alla tenera età di nemmeno 3 anni. Piccoli emo crescono, sono commossa.

🛬Poi siamo arrivati a destinazione, fatto il controllo passaporti, recuperato la valigia di Fidanzato anche troppo velocemente, ed aspettato un Uber che sembrava non giungere mai. Ci siamo fatti a piedi mezzo parcheggio davanti l’aeroporto perché non si capisce una ceppa di dove dover aspettare questi benedetti Uber che sono trattati come il figlio povero e disgraziato della famiglia. Sì, la diatriba con i Taxi c’è anche qui a Edimburgo, solo che fondamentalmente se vuoi fare l’autista Uber deve prenderti la licenza come un taxista e lavori con la tua auto per il comune. Se sei invece un taxista lavori per una delle agenzie della città e con le loro auto nere, fine.

La mia testa ha toccato cuscino alle 3 del mattino.

Mia mamma mi è venuta a trovare con mia sorella e ho fatto la turista e la tour operator insieme. Alla terza giornata forse mi avrebbero volentieri licenziata, ma mi faccio anche volere bene delle volte. Non possono dire di non aver visitato Edimburgo come si deve – forse. Siamo andate a vedere il Royal Yacth Britannia dove tempo fa la Regina ci faceva i suoi giretti dal 1954 fino al 1997, così posso dire di aver visto il letto dove dormiva quando andavano in mare o aver fatto io il saluto sul ponte rialzato con balaustre importanti a coprire le gambe e sottane reali. Dovrei farci un articolo dettagliato, o magari sarà solo una di quelle cose che si dicono per dire, come i caffè che non si vanno mai a prendere al bar. Dovremmo uscire insieme un giorno! Sì! E non uscirono mai più.

Tra un po’ inizio il college e sono di nuovo in quello stato di pre-primo giorno di scuola, solo che adesso non puoi metterti a fare i capricci o a chiedere di tornare a casa in lacrime alla mamma, insomma, uno ha anche una dignità e pare brutto. E la mia mamma ci metterebbe pure un po’ a venirmi a prendere, aerei permettendo. Parte dei miei compagni di corso continueranno insieme, io da brava ragazza che sono continuo per un altro dipartimento. Evviva!

🇯🇵Ah, mi sono appassionata ai drama Giapponesi. Il salto video giochi – serie TV è stato quasi naturale, ci si tiene impegnati. Da che avevo la scusa del “li guardo solo per imparare la lingua”, in realtà mi sono appassionata da fare invidia alle vecchiette incollate a Cento Vetrine il pomeriggio. Sono un guilty pleasure.

Buon rientro, buon tutto, keep up the good work gente, ci sentiamo alla prossima (?).

Intanto, qui piove di nuovo. Ah, no c’è il sole. Ah no – vabbè, avete capito.

Lo Zoo di Edimburgo, animali in collina

Lo Zoo di Edimburgo si trova sulla Costorphine Hill, una collina che si vede molto bene se ci si trova nella periferia della città e che sembra isolata dal resto del mondo.

Ci sono stata due volte: l’anno scorso dopo solo un mese dal nostro arrivo qui e la seconda volta una settima fa in compagnia di mia sorella, una nostra amica e Fidanzato.

Oltre la giornata di sole che non aveva niente da invidiare all’estate di casa nel Mediterraneo, c’era anche un’altra novità nello Zoo: animali costruiti con tantissimi mattoncini Lego dopo ore e ore di lavoro da persone piene di pazienza.

Beate loro.

Me li sarei voluti portare a casa? Ma volentieri, solo che poi rubarli e metterli su un bus sarebbe stato meschino, nonché criminale.

Scusa, ma sei andata allo Zoo per vedere le Lego? Gli animali veri dove li hanno messi?

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Appena entrati, siamo stati accolti dalla zona dei Suricata anche conosciuti come i Timon del Re Leone, instancabili a ricercare cibo e a proteggere il branco; a destra invece c’erano i Fenicotteri impegnati a fare tutto il contrario, riposandosi su una zampa sola.

E poi via, su per il sentiero che porta fino alla cima della collina, fermandoci davanti agli habitat degli animali ospitati dallo zoo: non mi sento di chiamarle gabbie, perché non sono inferriate come quelle delle celle.

Gli animali sono trattati con la massima cura e tenerli negli zoo spesso è l’unico modo per salvaguardare intere specie che altrimenti scomparirebbero per sempre dalla faccia della Terra.

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Quindi ecco il nuovo arrivato, il Panda Gigante, che si è fatto vedere di sfuggita: da una parte lo capisco pure, la gente accalcata sulla passerella non era della più silenziosa… Se infatti si vedessero i dietro le quinte di questa foto, ci sarebbe la macchina fotografica con zoom al massimo in mano a Fidanzato altezza 2 metri, sopra tante piccole testoline di bambini urlanti che esistono anche in UK, sì.

Beh, per lo meno non c’erano vetri su cui battere i pugni.

Eh, magari.

Monkey, Monkey!

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La zona dello zoo per le scimmie è molto vasta: hanno il loro spazio con gli alberi, liane di corda, giochi e quant’altro; i visitatori possono osservarle sia dallo spazio esterno che da quello interno. In basso a destra sui vetri, c’era questo sticker comprensibilissimo.

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“Non bussare sul vetro – Le scimmie non verrebbero a bussare contro le tue finestre…”

Ecco, non è difficile, no?

Ma una signora non credo l’avesse capito: batteva le sue unghie lunghe contro il vetro al suono di “monkey, monkey!” stridulo, tic, tic, tic, senza sosta.

La guardo.

Guardo lo sticker.

Guardo mia sorella.

La nostra amica tossisce nervosamente.

La signora ci ignora, dopotutto non eravamo interessanti quanto le scimmie, e se ne va.

La scimmietta si era pure messa dietro al cartello, più palese di così.

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Zebre all’ombra e Pinguini in piscina

Altra zona molto spaziosa è quella dedicata solamente per le tre Zebre: se ne stavano nascoste tra gli alberi all’ombra.

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E come posso dimenticarmi dei Pinguini?

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No, non questi qui, loro sono sempre fatti di Lego.

Quelli veri se ne stavano nella loro Penguins Rock, spaparanzati sotto i getti d’acqua manco si trovassero in un Acqua Park fuori città: con il caldo di quella domenica, ti veniva voglia di farti un tuffo insieme a loro.

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Ora della pappa, non ne hanno saltato uno.

Cuccioli: nuovi arrivati

Questa volta ho potuto vedere i Koala che l’anno scorso avevano un appuntamento con il veterinario: c’era un piccolo nuovo arrivato che insieme alla madre volevano assolutamente pace e tranquillità, stessa cosa il maschio.

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I Koala non sono conosciuti come questi grandi festaioli.

Una ragazza davanti ai vetri invitava al silenzio, in particolare i bambini più piccoli che presi dall’emozione avevano voglia di sbattere i pugni per attirare la loro attenzione: questo perché certi genitori non comprendono la lingua inglese, lingua madre in Scozia, lasciando i figli liberi di fare quello che vogliono.

Mi sono chiesta se ci meritassimo noi di stare dentro delle gabbie, quelle vere con le inferriate.

I Leoni Asiatici invece erano chiusi al pubblico: il motivo? Sono nati dei cuccioli che sono sotto stretta osservazione. Qui il video dei tre cuccioli con la madre!

Un gioiello di Zoo

I progetti per reintrodurre le specie in natura sono tanti, scongiurando la sciagura della loro estinzione: è stato triste leggere la lunga lista di nomi di animali scomparsi per colpa dell’uomo su di un muro, non si parla solo del classico Dodo.

Questo zoo nel suo piccolo fa del suo meglio: informa, sensibilizza e diverte allo stesso tempo.

Una vota usciti da lì, ti rendi conto che l’uomo non è l’unico ad avere il diritto di abitare il pianeta Terra.

Ci vuole rispetto, dal non bussare sui vetri al non gettare la cartaccia in giro per le strade o nei parchi: se un giorno le scimmie ci busseranno alle finestre, avranno un buon motivo per farlo ed ovviamente ignoreranno qualsiasi sticker, avendo imparato dai maestri.

Ma questa è un’altra storia.

Alla prossima!

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Un Egyptian Vulture che in italiano è conosciuto come Capovaccaio.

Fringe Festival, l’arte nelle strade

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Arrivata l’anno scorso la prima cosa che notai scesa dal bus aeroporto-centro città, fu la grande ruota panoramica che venne messa proprio accanto allo Scott Monument, seguita dall’orda di gente ammassata per via principale, Princes Street. Non dico che tra un po’ si soffocasse, ma tra valigie, bambini, carrozzine, bambini (già l’ho detto?), si faceva veramente fatica a camminare.

Ecco, è dal 1° del mese che la situazione è tale e quale all’anno scorso, specialmente in orario di punta pranzo/pomeriggio/sera…

Sempre. Direi sempre.

Il perché di tanta gente? Il Fringe Festival!

Musica in ogni angolo, palchi che spuntano dai muri e dal pavimento, sedie e tavolini davanti ai pub che invitano a sederti e a restarci fino al giorno dopo; e poi gli artisti di strada che improvvisano assaggi di spettacoli per tutti, ma anche acrobati e comici.

La maggioranza degli spettacoli sono pubblicizzati in ogni angolo disponibile da locandine e manifesti; altrimenti, vieni assalito da ragazzi sorridenti con la faccia truccata multicolor che ti invitano a vedere il John di turno a teatro, vendendoti anche il biglietto.

Torni a casa carico di volantini tanto che potresti metterti a darli tu in giro (a gratis).

Parodie di Game of Thrones, musical più o meno seri, spettacoli con veterani della Seconda Guerra Mondiale, produzioni per i più piccoli, comici e ancora comici: sì, la comicità va alla grande al Festival, con il loro humor nero al limite del buon gusto che forse non sarebbe tanto apprezzato in Italia.

Oggi finisce in grande stile con tanto di fuochi artificiali sparati dal Castello di Edimburgo; la ruota panoramica verrà smontata e rimontata in tempo per Natale; i turisti torneranno alle loro case e gli studenti riempiranno gli edifici fino all’orlo.

Tutto regolare.

Foto di repertorio del Fringe, alcuni artisti di strada in mezzo alla strada (mi sembra ovvio)

A Caccia di Case 2: L’Altra Stamberga e gli Appoggi

Eccoci al secondo episodio della famosissima serie Discovery Channel, A Caccia di Case, dove due impavidi cacciatori partiti dall’Italia erano stati aggrediti da una Stamberga a colpi di muffa.

Cosa è successo dopo?

L’Altra Stamberga

Dico subito che una casa non l’abbiamo nemmeno visitata: l’agenzia non si è fatta sentire e noi nemmeno, quindi possiamo dire che siamo rimasti in buoni rapporti, no? Per arrivarci non ci abbiamo messo troppo, la zona era quella del porto dove siamo stati i primi i giorni (e siamo ancora per adesso, ndA) ma il nostro errore è stato quello di fidarsi di Google Maps.

Per carità, non toglietemelo che qui è funzionale a 100%: coincidenze di treni, aeri, bus, traghetti, ottovolanti, biciclette e razzi, quello che vuoi. Solo che come tutti, anche Google Maps può sbagliare, ed ecco che ci voleva far fare un salto in alto di almeno 3 metri per planare così sul ponte davanti alla suddetta casa che dovevamo visitare. Tutto questo, dopo essere passati davanti a un paio di meccanici, dei cassonetti ribaltati e gabbiani minacciosi che aspettavano il momento giusto per divorarti. Eh già, la pulizia non è il massimo in certe zone di Edimburgo, sfatiamo il mito delle strade impeccabili: non è vero, le sigarette a terra ci sono pure qui, forse c’è solo un po’ più di civiltà. Ma sto divagando, maledetti gabbiani e spazzatura!

Siamo tornati sui nostri passi e siamo arrivati davanti a questa palazzina piena di muffa, scura e mezza fatiscente. La Stamberga Strillante 2. Il quartiere era pure una tristezza grigia e deprimente, nonostante quel pomeriggio ci fosse anche il sole. Un paio di coppie erano in attesa di entrare a guardarla: io sinceramente, da quello che ricordavo dalle foto, non smaniavo per entrare a vederla. In oltre, non dimentichiamoci che questa casa era della stessa agenzia che ci aveva fatto veder la prima Stamberga.

La storia mi puzzava, e non era colpa solo dell’immondizia dietro l’angolo o della muffa precedente. Fatto sta, ci siamo subito disinteressati, sperando che sui siti uscisse qualcosa di meglio.

Le Case Sfuggenti

Altre due visite a due case sono state brevi ma intense: entrambe le case erano piccole ma funzionali, una più dell’altra. Una cucina, un salottino, la camera e il bagno, una casa con la moquette, l’altra senza. Insomma, a quel punto avrei preso qualsiasi cosa pur di avere un tetto sulla testa, tranne ovviamente la Stamberga.

Non so quante volte abbiamo telefonato alle agenzie, ringraziando che il mio nome fosse pronunciabile. Fidanzato, che qui sul blog è conosciuto così, in Scozia è stato ribattezzato “Imanuel” “Imanueli”. Il cognome lasciamo perdere, va, poveri Scozzesi.

IO, con voce tremante – “Salve, sì, sarei interessata alla casa tal de tali, l’ho vista sul vostro sito, quando possiamo visitarla?”

AGENZIA X, con voce squillante – “Spiacenti, i giorni di visita sono tutti pieni, però se vuole posso richiamarla.”

Ovvio che non mi hanno più chiamato.

Lo sapevo che erano intasati di lavoro: qui ad Edimburgo arrivano aerei zeppi di gente che viene a studiare, a sballarsi, a cambiare vita, a fare il turista.

Lo sapevo già che non potevo pretendere che ogni singola agenzia della città mi ascoltasse dopo due misere settimane.

Quanto tempo è dovuto passare?

Quasi un mese.

E siamo stati anche fortunati.

Gli Appoggi

Ma dove siamo stati in questo mese? Per strada con gli artisti e le cornamuse? Abbiamo occupato il Castello di Edimburgo? No, abbiamo usato Airbnb: questo perché avevo escluso categoricamente l’idea di andare a vivere in case condivise sin da subito, anche se per un breve periodo di tempo. Scrivo, passando il mio tempo a creare robe grottesche: ci tengo ai miei spazi e ho avuto già la mia dose di condivisione in passato fra gite scolastiche e non. Credo mi sia bastato per una vita intera.

  • Siamo stati in un monolocale per studenti una decina di giorni, per poi dovercene andare proprio il giorno in cui la struttura chiudeva ai turisti, per aprire agli studenti. Il check-out era alle 10, ma ringraziamo che ci hanno fatto stare nella hall per attendere di poter andare a fare il check-in all’altra sistemazione un’ora dopo.

Carichi come muli con valigie e zaini, abbiamo fatto il tragitto a piedi. La mia valigia ha tentato il suicidio un paio di volte, portandosi dietro anche a me, ma abbiamo resistito entrambe. Il tempo prometteva pioggia, eppure ha retto giusto l’oretta necessaria per lo spostamento: non oso immaginare come sarebbe stato altrimenti.

  • L’appartamento 1 dove siamo stati per circa due settimane era tale e quale ad una di quelle case che avevamo visitato. Certo, il parquet scricchiolava un po’ troppo e la notte gli inquilini della palazzina si trasformavano in creature notturne, però nessuno ci ha dato veramente fastidio. Ho avuto modo di sperimentare la consegna della posta in UK, dove il postino ficca le lettere nella buchetta e quelle cadono sul rumorosissimo parquet, facendoti prendere un colpo. Ogni porta aveva una vetrata, pure quella del bagno che dava sull’ingresso: un ottimo modo per accogliere eventuali ospiti! L’arredamento scuro e le tende pesanti e spesse mi sapevano di villa spettrale ottocentesca, infatti non vi dico che sogni hanno popolato il mio sonno.

Ce ne siamo andati scoraggiati da quest’altro appartamento ancora senza aver trovato una casa, chiedendo perfino consiglio al proprietario: per facilitarci le cose, ci ha fatto restare un giorno in più, ma poi abbiamo dovuto sloggiare lo stesso. A quanto pare, l’aveva affittata ad un altro tizio mesi prima e credo che non sarebbe stato felice di trovarsi due ragazzi italiani inclusi nella casa.

  • L’appartamento 2 in cui siamo ora, è sempre nella stessa zona dell’altro, davanti ad un parco con tanto di giochi e campetto di basket. Fidanzato ha contattato la coppia che lo gestisce, che ci ha detto come arrivare e prendere le chiavi: da una cassetta di sicurezza. Sì, niente incontri faccia a faccia, metti il codice, apri la cassettina attaccata fuori la porta e poi vai alla tua porta con le chiavi in mano. Gli altri inquilini sono del tutto diversi dai vampiri dell’appartamento 1: c’è una signora che fa giardinaggio ed è sempre sorridente quando ci saluta; un bambino che corre giù per le scale e fa le gare con la sorella; un cagnolone buono buono che ci ha annusato, per poi salire al suo piano. Unica pecca, per aprire la porta di casa, se sono da sola, mi ci vuole mezz’ora perché la serratura è parecchio dura: un pomeriggio per dire, sono uscita per fare la spesa e quando sono rientrata, sono rimasta attaccata a quelle chiavi per cercare di farle girare circa una decina di minuti. (Poi però ce l’ho fatta, 1 a 0 per me).

Ed è proprio in quest’ultima casa che abbiamo ricevuto la splendida notizia: una della nostre ultime application erano andate a buon fine. No, non era uno scherzo, anche se ho pensato che lo fosse, perché non era possibile. Eravamo davvero riusciti a catturare una casa?

Per raccontarvelo, credo che ci vorrà un altro episodio.

Alla prossima!

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Uno dei tanti abitanti di Edimburgo: loro non prendono case in affitto, si accontentano degli alberi.

Ai Confini della Realtà Universitaria

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“Le rocce si scioglieranno assieme al sole prima che io permetta l’imposizione delle tasse universitarie agli studenti di Scozia” Alex Salmond, ex-Primo Ministro della Scozia

No, non mi sono impazzita tutto insieme e mi sono iscritta ad un corso scientifico alla Heriot-Watt, tranquilli, sono sempre la solita fedele umanista: anche volendoci andare, capirei molto, molto poco.

Come accennato in un articolo precedente, Fidanzato inizia il suo corso all’Università qui ad Edimburgo. Sapevamo già cosa aspettarci: di cose ne avevamo lette a destra e a manca nel web, senza dimenticarsi dei fedelissimi feedback positivi su pagine social e quant’altro. Ma poi si sa, quando ti ritrovi davanti a certe realtà, fatichi sempre a considerarle tali, tanto da doverti pizzicare il dorso della mano e chiederti se in realtà tu sia finito in qualche sogno molto vivido.

Ma è davvero tutto vero?

Il primo giorno che ci siamo andati, dopo 40 minuti di viaggio in bus era una giornata uggiosa tipicamente scozzese: arrivati c’era un silenzio quasi innaturale, il vento che soffiava per ricordarti dell’estate che lì non era mai stata, il laghetto con le paperelle sguazzanti e gli scoiattolini che zompettavano intorno beati.

Signori, mi son sentita la sorella dark di Biancaneve.

Ancora intontiti dall’aereo del giorno prima, ce ne siamo stati a guardare la natura selvaggia di quel posto surreale: lo ripeto, c’erano degli scoiattolini, veri, non meccanici come i corvi della Torre di Londra a Doctor Who, dove lo sanno tutti che vanno a batterie.

Il lunedì seguente, quando siamo tornati per fare la tessera, l’aria era la stessa: pioggerellina che entrava da tutte le parti, penetrava nelle ossa, nel naso, tra i capelli, proprio quel tipo di pioggia che se può rovinarti la salute lo fa e con grande piacere.

La differenza, era che adesso c’erano tantissimi ragazzi che si spostavano da un dipartimento all’altro, chi intento a mangiare un tramezzino, chi occupato a parlare con il proprio connazionale fitto fitto in una lingua a me sconosciuta. Altri se ne stavano seduti sulle panchine di marmo con o senza ombrello (è un optional) a messaggiare o leggere il loro Kindle zuppo d’umidità.

Entrati nell’ingresso principale, c’era un’aria di accoglienza che ti faceva venire voglia di andare a fare l’universitario solo per il gusto di dire ne faccio parte anche io: divanetti colorati, poster, ragazzi e ragazze sorridenti ad accoglierti. Altro che la scuola di Paso Adelante, ma che ne sapete voi.

Come in Italia

Non ho potuto non ripensare al mio primo giorno alla Sapienza di Roma sei anni fa, il giorno in cui era Fidanzato a fare da accompagnatore: ero andata all’Orientamento per sapere di più del corso di Lingue, tornando a casa più confusa di prima.

Timida timida, mi avvicinai alla ragazza al banco dove con un pennarello avevano scritto su un foglio stampa A4 alla meno peggio “Lingue, Culture, Letterature e Traduzione”. Le feci vedere un foglio che avevo avuto qualche giorno prima, pieno zeppo di diciture strane e nomi mai sentiti di materie, non capendo nulla di come funzionassero gli esami: esami a scelta, esami da 6, da 12 crediti…

Era tutto nuovo.

Ai tempi, la mia idea era quella di continuare a studiare Inglese (ma va), assieme ad un’altra lingua, una lingua Scandinava che sarebbe dovuta partire forse quell’anno. Spoiler: non è mai partita, così che dovetti correre a segnarmi a Tedesco perché non c’erano stati abbastanza iscritti.

Non vi dico la delusione.

Comunque sia, chiesi alla ragazza la differenza fra i vari esami da 6 o 12 crediti di Inglese, con tanto di foglio in mano: lei lo prese, lo guardò con sguardo contrito e poi se ne uscì fuori con questa frase.

Me la ricordo bene, perché fu del tutto inaspettata.

“Ma perché scusa non prendi un’altra lingua come Russo? Ci sono un sacco di persone che fanno Inglese.”

Rimasi impietrita, stile cerbiatto davanti alla macchina: il tono inquisitorio di quella ragazza sconosciuta che doveva essermi d’aiuto, mi mandò solamente più in crisi.

“Ma veramente a me piace l’Inglese…” Dissi, sentendomi pure un po’ in colpa nel risponderle con una tale eresia.

Tornai a casa su un treno-carro bestiame, in piedi per un’ora buona a fissare la porta dello scompartimento davanti a me, chiedendomi che cosa diamine stessi facendo.

Welcome

Mi è venuto da ridere nell’assistere a scene completamente diverse alla Watt University: nessuno se ne è uscito fuori dicendo, ma perché fai ‘sta roba, ma perché non fai altro?Nessun tono impertinente, nessun giudizio: solo tanta accoglienza e disponibilità.

C’erano alcuni stand dove poter chiedere informazioni con tanto di caramelle omaggio: knock yourself out mi è stato detto, nonostante non fossi io la studente.

La settimana dopo, aspettando un’oretta che la prima lezione finisse, mi son potuta sedere dove volevo, senza nessuno che mi chiedesse del perché mi trovassi lì in cagnesco o perché osassi occupare un prezioso posto dell’Università con il mio sacrilego corpo.

La cosa ancora più sorprendente? C’era pure il sole.

L’Università è un investimento nel tuo futuro, non dovrebbe essere una palla al piede che ti tiene fermo in solo posto, impoverendoti e succhiandoti la vita fino al midollo.

Bisogna davvero dirlo: a volte la realtà supera perfino il migliore dei romanzi di Fantascienza.

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Knock yourself out!

Gabbiani e Arcobaleni: andare a vivere all’estero.

Si inizia

Lo stavo predicando da tempo, sarei andata a vivere all’estero prima o poi: il poi famoso è arrivato, quindi eccomi a scrivere un resoconto dell’altro ieri, arrivati ad Edimburgo.

Prima di tutto, c’è da dire che amo gli aerei: la ressa per consegnare il bagaglio per la stiva, il metal detector, l’attesa al gate, l’attesa nell’aereo, il decollo… Ah, fantastico, davvero.

Purtroppo, c’è da dire che l’aereo è il mezzo più veloce per poter raggiungere posti in mezza giornata, quindi non è che ci sia chissà che altra scelta. Stringo i denti e via.

Svegliarsi prestissimo pensando costantemente “Ma dove sto andando?” e “Si parte!” è stato da ricovero, arrivando poi all’Aeroporto di Ciampino in anticipo… E per fortuna! Il parcheggio di questo aeroporto è adatto per ospitare una festicciola di un borgo, no persone con valigie e parenti a carico; comunque sia, siamo riusciti a districarci, dopo aver benedetto vari automobilisti, le strade e i cartelli.

Ho salutato la mia famiglia lo stesso, questo è l’importante!

Momento del metal detector?

Immaginatevi una coppia di ragazzi: lui alto 1.90, barba, spalle larghe, mentre lei 1.64, capelli corti e vestita forse un po’ troppo da punk in questo giorno particolare. Lui passa quasi indenne al metal detector (dopo che gli hanno fatto togliere dallo zaino mezzo negozio di tecnologia per disporlo nelle vaschette), lei invece viene fatta passare (senza cinta, senza scarpe, senza orecchini, senza niente, la prossima passa in bikini che fa prima) e c’è qualcosa che non va.

Mica poteva essere semplice, eh no.

MATTINA, AEROPORTO DI CIAMPINO. UN UOMO DELLA SICUREZZA SULLA TRENTINA CHE VORREBBE ESSERE SU UN ALTRO PIANETA ED UNA RAGAZZA CHE NON HA DORMITO LA NOTTE, SONO DAVANTI AL METAL DETECTOR.

Uomo Sicurezza: Alza le mani,

Ragazza: Okay.

Uomo: Palmi rivolti verso l’alto.

Ragazza: Va bene.

*Passa una pezzetta*

Uomo: Gira le mani

*Passa la pezzetta anche sotto*

*Infila la pezzetta nel macchinino lì affianco*

IL MACCHININO MACINA, MACINA, MACINA, MACINA…

La ragazza (io) inizia seriamente a pensare di essere una spacciatrice, ma il macchinino si illumina di verde. Con gli stivali in mano ed i pantaloni che vogliono solo congiungersi al terreno, si avvia a sedersi da qualche parte per rivestirsi.

Infila alla meno peggio gli stivali, poi la cinta, fa per chiuderla…

L’ha messa al contrario.

Grandioso.

Gate, Aereo, Decollo!

Il momento del gate poteva essere rappresentato in un quadro rinascimentale: persone accatastate davanti ai banchi come anime in pena, attendendo che le angeliche hostess iniziassero a far passare le persone.

Caos.

Questa che fila è? Priority? No? Che biglietto hai? Scusa, permesso, permesso…?

Poi, si sale sulla navetta ed il sole coccia, sono le 11 del mattino ma siamo a Roma ed è fine Agosto: sono gli ultimi attimi di afa, prima di salire sul tubetto di dentifricio con due pezzi di cartone attaccati ad esso aereo.

Quel coso decolla, si stacca da terra – dall’Italia – e cavolo, va sempre più in alto e ti senti schiacciato al sedile, finché si stabilizza.

Il ragazzo scozzese accanto non si è accorto di niente, mangia e lo farà per il resto del viaggio, tra un film con Tom Hanks ed una serie Netflix e l’altra.

Beato lui.

Passa un’ora e mezza, l’aereo arriva nei cieli di Francia e sembra di stare su di una gip a caccia di gazzelle; nuvole, nuvoloni, vento che soffia e dà fastidio.

Poi, come arriva, smette: il segnale delle cinture si spegne, il peggio è passato.

Slacciamo le cinture.

Fammi alzare e andare in bagno, va, pensa la ragazza e si alza, andando verso il bagno con le gambe molli. La gente nell’aereo è in uno stato mezzo comatoso, un bambino piange ed è irrequieto, un’altra donna è piegata in due sul sedile, due ragazzi mangiano rumorosamente delle patatine che profumano l’aereo di cipolla. La perturbazione ha seriamente massacrato tutti, chi più, chi meno.

La ragazza prende la maniglia del bagno e la tira più volte, ma niente, la porta non si apre.

Una vecchina seduta in prima fila fa cenno con la mano, è occupato, dice in inglese.

Okay, aspettiamo.

Passano due minuti, la ragazza ignora la sua vescica e guarda verso gli stewards che intanto passano con il carrellino del cibo: sono in fondo all’aereo.

Passano altri minuti ed inizia a pensare che qualcuno possa essersi sentito male nell’aereo, riverso nel cubicolo azzurro e soffocante.

La ragazza bussa.

L’aereo sussulta.

Nessuna risposta.

Arriva a fare la fila con la ragazza pure il vicino scozzese che ha smesso di mangiare, la guarda interrogativo: in effetti, è passato troppo tempo.

La vecchina della prima fila sorride beata.

“Ma che c’è qualcuno?” Fa lo steward, tornato indietro per prendere del resto in denaro da dare a qualche viaggiatore affamato: la ragazza alza le spalle, lui tira la maniglia ma la porta resta chiusa.

Bussa, una, due, tre volte. “Signore? C’è qualcuno?”

Ancora silenzio.

Oddio, adesso tocca fare un atterraggio di emergenza, dovranno scardinare la porta, si scatenerà l’inferno, non si arriverà mai a destinazione…

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“Ah, scusate, avevo bloccato la porta io,” dice lo steward e se ne va.

Ed ecco come si passano dieci minuti buoni a fare la fila davanti ad una bagno vuoto.

Welcome to Scotland

Edinburgo. 13°. 

I viaggiatori (soprattutto gli Italiani) corrono ad aprire i loro bagagli a mano per tirare fuori giacche e foulard per coprirsi alla meno peggio: le T-shirt succinte non sono la scelta migliore per la Scozia.

Si esce dall’aereo e si sente subito l’aria fredda, quella che ti sognavi fino al giorno prima mentre sudavi nella tua casa rovente ed umida in Italia.

Passi il controllo alla dogana, ti rendi conto sin da subito che non sei più nel tuo Paese perché ci sono cartelli che ti indirizzano verso la giusta direzione e la maggioranza non sono mezzi mangiucchiati o sbiaditi.

Non è per finta, è tutto vero: adesso la Scozia non è più una semplice immagine su una cartolina, è grezza con il colore grigio delle palazzine e le strade che pullulano di gente. I gabbiani ti fanno da colonna sonora e se sei fortunato (?) ti svegliano la mattina alla finestra, guardandoti minacciosamente.

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Hello there!

Agguantare la valigia che scorre tranquilla sul nastro trasportatore è come raggiungere il Nirvana: metti le mani su un pezzetto della tua vecchia casa e sei pronto per andare avanti con la tua avventura.

Il bus c’è ogni 10 minuti, paghi al conducente, stampa il biglietto e hai fatto.

Ripenso a Latina e al problema che hanno sempre avuto nel far pagare la corsa alla gente: qui è così normale salire e pagare, se provi a non farlo vai a piedi. 

L’appartamento in cui stiamo è piccolo, uno di quei monolocali che affittano di solito agli studenti, ma per due persone è più che fattibile: è tutta una salita adesso, una di quelle che fai ai parchi giochi dopo ore interminabili di fila.

E cavolo, se uno ne ha fatta di fila!

In compenso, alla fine della corsa, dopo tanta pioggia, ci sarà l’arcobaleno: non è una frase fatta, alla fine del primo giorno è uscito per davvero.

Un buon segno, che ne dite?

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PROMO: Leggi “Oltre Un Punto Blu”!

Promozione

Sì, è tutto vero: per cinque giorni sarà possibile scaricare gratuitamente la mia raccolta di storie da Amazon! La promozione inizia venerdì 20 luglio e  finirà martedì 24 luglio! 🙂 Ovviamente, è rivolto a coloro che usufruiscono del servizio Kindle Unlimited: ho iniziato la prova free ed è veramente ben fornito, ve lo consiglio! Portarsi dietro i libri da leggere non è mai stato così facile… Ho rivalutato gli e-book, io, amante del cartaceo!

Se non sapete ancora di cosa si tratta, potete trovare “Oltre Un Punto Blu – Raccolta di Storie di Fantascienza”  cliccando qui: https://www.amazon.it/dp/B07C226YHB

Presente, passato, futuro: si parla di alieni, di pirati spaziali, di macchine del tempo, di esplorazioni ma anche di gioie e di dolori, sentimenti così tanto umani eppure così lontani dal nostro piccolo puntino blu che conosciamo bene. Non abbiate però paura, perché possiamo raggiungere questi luoghi inesplorati e visitarli come turisti spaziali: saltate su questo piccolo razzo ed iniziamo!

Ma da dove spunta fuori questa raccolta?

La raccolta è composta da 17 storie brevi, scritte in origine per partecipare ad alcuni contest online di scrittura creativa della pagina Facebook FanWriter.it, tra il 2016 e il 2017. Non avendo mai scritto nulla di originale e con un tema in comune, mi è stato di grande aiuto, decidendo dopo varie pressioni di sistemarle e pubblicarle in un piccolo volume unico.

La Fantascienza non è fra i generi dei più popolari, ma a mio parere è uno dei migliori per poter denunciare problemi legati alla nostra società senza essere troppo espliciti; è il miglior genere per trasmettere un messaggio, raccontare il nostro futuro a colpi di what if (e se…?).

E se un giorno colonizzassimo Titano? E se l’uomo si fondesse tutt’uno con le macchine? E se abbandonassimo la Terra, torneremmo indietro per curarla, rifarla nostra? Dove potrebbe mai finire la nostra umanità in mezzo a tanta paura e violenza?

E quindi?

Quindi dico a te, che sei arrivato qui per caso o che mi segui: se hai voglia di volare via lontano, lontano su di un piccolo razzo fra le stelle, questa è l’occasione giusta. Andare oltre non è mai la scelta sbagliata, ma l’inizio di una grande avventura…

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La normalità all’ombra di un castello

Mi è venuto in mente, leggendo in giro su Twitter & Co. le ultime dichiarazioni in merito a famiglie “normali” uomo-donna etc, etc, etc, quando l’anno scorso andai in Scozia per la prima volta e visitai il Castello di Edinburgo.

Stando in un appartamento a Glasgow, di buon mattino io e fidanzato siamo andati a prendere il treno, arrivando nella capitale della Scozia un’oretta dopo.

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Scott Monument, a sinistra

Wow, wow, wow, sono rimasta senza fiato: era una bella mattina di maggio, con tanto di sole e tranquillità! Visto che era ancora presto, abbiamo fatto colazione nei Princes Street Gardens, per poi dirigerci verso il Castello.

Ora, non mi dilungherò sulla visita di quella fortezza stupenda che ha un posto speciale nel mio cuore; non mi metterò a parlare di quanto magica sia stata la visita tra le antiche mura. No, voglio raccontarvi di una scena normale, qualcosa a cui ho assistito e che mi ha fatto sorridere un po’ sul momento.

Verso pranzo, io e fidanzato ci siamo andati a sedere su uno dei pochi muretti liberi, visto che le panchine erano state assalite da famiglie e gruppi numerosi. Così, stringendoci un po’ a fatica, con lo zaino in braccio, abbiamo consumato il nostro sandwich preparato quella mattina.

Tra un morso e l’altro, all’improvviso si è udito il pianto di un bambino piccolo: avete presente quando ci si mettono di impegno a fare i capricci, no? Quel suono universale che ti rende l’udito parzialmente andato? Ecco. Ho guardato lo spiazzo davanti a me ed era appena arrivato un papà sconsolato, che spingeva il passeggino con una bambina in piena crisi. Per cercare di calmarla, si è fermato e l’ha presa in braccio, ma niente, la bambina non ne voleva sapere proprio niente.

“Vorrà la mamma,” ho commentato, pensando a quanto non invidiassi quel povero uomo.

Non ho fatto in tempo ad abbassare lo sguardo che fidanzato aggiunge molto tranquillamente, “o magari l’altro papà.”

In effetti, le urla erano cessate non appena un altro uomo tutto sorridente l’aveva raggiunta: se l’è presa in braccio, coccolata un po’, et voilà, la bambina era tornata a sorridere. L’altro papà, sconfitto, se ne stava appeso al passeggino ad osservare la scena, felice però che tutto si fosse risolto nel migliore dei modi.

Li ho guardati andare via con il sorriso: cosa c’era di strano in una scena così normale? Due genitori con la propria figlia, in gita al Castello di Edinburgo.

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Entrata del Castello di Edinburgo


Capisco che il punto di vista di un rappresentante religioso, non possa essere lo stesso di un ragazzo ateo di vent’anni aperto a tutto e tutti: deve dar voce al suo credo, quindi dire che l’unica famiglia riconosciuta da un essere supremo sia quella uomo-donna, non è niente di nuovo sotto al sole. Quando invece mi trovo davanti a persone come me, che ritengano il loro amore etero più normale, più giusto, più bello, rispetto ad uno omosessuale, non li capisco proprio.

L’amore è amore. Cavolo, me lo mettono in canzoni, film, serie TV, libri! Ovunque ti giri, viene sbattuto ovunque, in contrasto a questa cultura di odio e violenza. Saranno frasi fatte, ma l’amore abbatte barriere, culture, va oltre il semplice uomo/donna. Ci si innamora di persone che hanno pregi e difetti: sono le stesse che incontri al supermercato a fare la fila insieme a te, con le quali magari ti ritrovi a fronteggiare una Crudelia De Mon che non rispetta il numeretto.

Quanto sarebbe bello se un giorno tutti noi ci facessimo gli affari nostri, senza puntare il dito dovendo etichettare che cosa piaccia all’altro nella camera da letto! Vivere tranquillamente, formare delle famiglie piene d’amore e di rispetto… E sì, anche tirare su dei figli tra una gita e l’altra, condividere ricordi ed educarci al rispetto.

Utopia, eh?