2023 seconda parte – let’s go! 😎

Qualcuno starà in ferie, altri avranno finito, ma intanto qui le scuole hanno già riaperto, why not. Avevo già scritto un po’ di volte di come il 15 di Agosto si potessero vedere ragazzini in divisa invernale, con tanto di cartella pesante sulle spalle, quindi niente di nuovo. Per dire, sono uscita oggi e un signore aveva il cappotto pesante che penso sia esagerato anche per il clima lunatico di qui. Piove, piove, poi esce il sole e sudi, poi piove di nuovo e sudi ancora perché è pur sempre estate. Comprendo i confusi che indossano ciabatta aperta pelosa ed impermeabile a questo punto. Ma poi vabbè, c’è il Fringe Festival in città fino a fine mese, non dà nell’occhio nessuno.

☀️Di sicuro niente a che vedere con il clima mediterraneo infernale – posso confermare anche io – visto che questa stagione me la sono passata buona parte a morirmi di caldo in Italia, perché a me non piace il caldo. Ha senso? Non proprio. Ma il mare merita sempre una visita, anche perché è l’unico posto dove si respira – in acqua. Ho un minimo di abbronzatura che non vedevo da anni e sono sopravvissuta con il ventilatore puntato addosso al massimo. Ah, ecco perché vivo in Scozia, giusto.

Io e Fidanzato siamo tornati con un volo notturno che ha fatto un ritardo di un’ora e mezza, capitati in mezzo ad una perturbazione con i fiocchi quando arrivati sulla stretto della Manica. Nel bel mezzo del servizio di cene e drink dal carrello sgangherato, il capitano ha chiesto gentilmente allo staff di andarsi a sedere. Bello, molto bello, da rifare, esperienza TARDIS di Docotor Who compresa nel biglietto aereo.

“Immagina se cadiamo giù!” Ma anche no, stellina bella, che vai a dire, mi fai come quella bambina inglese all’aeroporto con il papà che tutta emozionata e sorridente diceva “Daddy we are going to fall, daddy we are going to DIE!” (“Papà cadremo, papà moriremo”). Istinti suicidi alla tenera età di nemmeno 3 anni. Piccoli emo crescono, sono commossa.

🛬Poi siamo arrivati a destinazione, fatto il controllo passaporti, recuperato la valigia di Fidanzato anche troppo velocemente, ed aspettato un Uber che sembrava non giungere mai. Ci siamo fatti a piedi mezzo parcheggio davanti l’aeroporto perché non si capisce una ceppa di dove dover aspettare questi benedetti Uber che sono trattati come il figlio povero e disgraziato della famiglia. Sì, la diatriba con i Taxi c’è anche qui a Edimburgo, solo che fondamentalmente se vuoi fare l’autista Uber deve prenderti la licenza come un taxista e lavori con la tua auto per il comune. Se sei invece un taxista lavori per una delle agenzie della città e con le loro auto nere, fine.

La mia testa ha toccato cuscino alle 3 del mattino.

Mia mamma mi è venuta a trovare con mia sorella e ho fatto la turista e la tour operator insieme. Alla terza giornata forse mi avrebbero volentieri licenziata, ma mi faccio anche volere bene delle volte. Non possono dire di non aver visitato Edimburgo come si deve – forse. Siamo andate a vedere il Royal Yacth Britannia dove tempo fa la Regina ci faceva i suoi giretti dal 1954 fino al 1997, così posso dire di aver visto il letto dove dormiva quando andavano in mare o aver fatto io il saluto sul ponte rialzato con balaustre importanti a coprire le gambe e sottane reali. Dovrei farci un articolo dettagliato, o magari sarà solo una di quelle cose che si dicono per dire, come i caffè che non si vanno mai a prendere al bar. Dovremmo uscire insieme un giorno! Sì! E non uscirono mai più.

Tra un po’ inizio il college e sono di nuovo in quello stato di pre-primo giorno di scuola, solo che adesso non puoi metterti a fare i capricci o a chiedere di tornare a casa in lacrime alla mamma, insomma, uno ha anche una dignità e pare brutto. E la mia mamma ci metterebbe pure un po’ a venirmi a prendere, aerei permettendo. Parte dei miei compagni di corso continueranno insieme, io da brava ragazza che sono continuo per un altro dipartimento. Evviva!

🇯🇵Ah, mi sono appassionata ai drama Giapponesi. Il salto video giochi – serie TV è stato quasi naturale, ci si tiene impegnati. Da che avevo la scusa del “li guardo solo per imparare la lingua”, in realtà mi sono appassionata da fare invidia alle vecchiette incollate a Cento Vetrine il pomeriggio. Sono un guilty pleasure.

Buon rientro, buon tutto, keep up the good work gente, ci sentiamo alla prossima (?).

Intanto, qui piove di nuovo. Ah, no c’è il sole. Ah no – vabbè, avete capito.

Pallavolo che passione – Mila e Shiro, le medie e Haikyuu!!

Ammetto di aver guardato Mila e Shiro quando ero piccola, mettendomi in testa di voler fare pallavolo per un po’. Guarda guarda in campo c’è, una nuova giocatrice, cantava la sigla che sembrava più una cantilena da scuola materna, ma a noi cosa ce ne importava! MILA E SHIRO, DUE CUORI NELLA PALLAVOLOOOO e via, manco ci si trovasse in tribuna ad una partita a cantre a squarcia gola.

Mila con la palla grigio/bianca di ogni scuola media italiana

Che poi l’anime non si chiamasse Mila e Shiro – Due Cuori nella Pallavolo ma Attacker YOU! (アタッカーYOU! Atakkā Yū!), che il vero nome di Mila fosse Yu e che Shiro non si vedesse chissà quanto perché non era personaggio principale ma secondario sono tutti dettagli.

A noi ci importava solo andare a fare le schiacciate come Mila, far diventare la palla grigia da tonda ad ovale non appena toccasse terra; lasciare tutti senza fiato, a bocca aperta davanti al nostro talento inspiegabile.

Ed invece.

Pallavolo, Donne, Ritorno, Spike, Blocco, Salto
Io come mi immaginavo nella mia testa, quando non avevo nemmeno le ginocchiere

Non sono andata alle Olimpiadi, ho giocato per 2 anni alle elementari, poi ho ripreso un po’ alle scuole medie vincendo il campionato di scuola delle seconde: ricordo di come non sapessi saltare e fare un muro decente (essendo nana), ma per lo meno in difesa mi buttavo.

La mia classe aveva sì e no un paio di magliette bianche con i numeri scritti a pennarello nero, io nemmeno quella perché giocavo di riserva; la classe avversaria invece aveva deciso di farsi la divisa professionale con tanto di sponsor ed aveva massacrato ogni altra concorrente.

Fatemi dire che non basta vestirsi da pallavolisti per esserlo davvero: vincemmo quasi per fortuna, guadagnandoci le occhiataccie dal padre benefattore della squadra avversaria che aveva comprato le divise, appunto. Ops.

Pallavolo, ancora pallavolo

In Giappone lo sport della pallavolo ha ripreso ad essere in voga tra i ragazzi delle medie e superiori grazie a un nuovo manga ed anime, Haikyuu!! Con un cast del tutto maschile, si segue la storia di Hinata Shoyo, un ragazzo determinato a tutto pur di giocare a pallavolo nonostante non sia alto abbastanza: agile e veloce, mostrerà di cosa è capace.

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Una scena di Haikyuu!! con la potente schiacciata di Hinata

Ho apprezzato questo anime poiché è molto fresco e realistico rispetto ad altri: ricordo di come in Mila e Shiro si seguisse solamente Mila, mostrando le sue avversarie come delle ragazze perfide ed odiose. In Haikyuu!! i ragazzi si scontrano con altre scuole ma fuori dal campo sono amici, parlano, si confrontano. Qualcuno magari è più chiuso rispetto agli altri, ma il personaggio cresce ed evolve man mano che la storia va avanti.

Anche se Mila e Shiro andava in onda a fine anni ’80 mentre Haykiuu!! è del 2012, hanno in comune il potere (in senso figurato) del fermare il tempo: partite durano puntate perché a volte le azioni le viviamo attraverso gli occhi dei personaggi, ascoltiamo i loro pensieri ed ansie, la palla resta a mezz’aria e noi stiamo con il cuore in gola, chi segnerà, chi segnerà?! Stessa cosa per cui Holly e Benji sembravano correre per miglia e miglia, quando in realtà si trovavano solo in un campetto di calcio.

Fa sorridere che sia Mila che Hinata abbiano entrambi i capelli rossi e che siano entrambi i protagonisti delle rispettive serie: si sono passati il testimone. Se avessi guardato Haikyuu!! su un ipotetica Italia Uno, avrei sicuramente voluto giocare a pallavolo solo per saltare come Hinata (fallendo miseramente).


Tutto questo per dire che siamo andati al parco con Fidanzato e ci siamo fatti prendere dal gioco, quando mi sono stirata la schiena in un modo che madre natura non ha inteso.

Adesso sto bene, per lo meno cammino di nuovo.

Lo giuro, una volta ero decente dai.

Alla prossima!

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Sarebbe stato meglio prendersi una pallonata in faccia


Psss!!! Guardate Haikyuu!! non ve ne pentirete.

Pure i gabbiani sarebbero d’accordo

meteoSarà che dobbiamo stare chiusi dentro casa, ma una settimana così non la vedevo da tempo (tempo, capito? Ah, che battuta infelice).
 
Ma sono sicura che se fosse stato un anno come un altro, avremmo avuto chissà che tempesta primeverile.
 
Funziona così.
 
C’è chi fa giardinaggio sorseggiando birra, chi si prende il sole nel giardino della palazzina in comune, altri che fumano la rituale sigaretta a turno.
 
E poi il cane, il gatto e i colombi che per loro resta tutto immutato: forse solo i gabbiani avranno notato qualche cambiamento, ridotti ad una dieta forzata. Meno spazzatura in giro, meno sprechi di pasta precotta per strada… Ah, nouvelle cuisine! Che bontà!
 
Mi scusino i gabbiani, ma forse è meglio così: meno spazzatura oggi, meno gente in giro.
 
Mi immagino il giorno in cui usciremo senza guardarci attorno sospettosi, andando a caccia di fantomatici untori; quando smetteremo di fare file al supermercato senza sentirci in colpa se comprare un pacco di biscotti nella spesa settimanale (niente più film mentali del tipo “è un bene essenziale? Ho veramente bisogno di quei biscotti? E se mi dicono qualcosa? Posso prendere pure le patatine o è meglio di no?!?!”)
 
Ma cosa più importante, non suderemo più come mufloni ad indossare mascherine.
 
Stare dentro casa ne varrà la pena, anche i gabbiani sarebbero d’accordo con me.

Calton Hill e le sue “Vergogne”

 

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Vista dall’Osservatorio su Calton Hill

Uno dei luoghi più visitati di Edimburgo è Calton Hill, nonché una delle colline dove si trova situata la città. Il bello di questa collina è che:

  1. c’è una strada da seguire che non è tanto ripida quanto quella per andare su Arthur’s Seat, quindi non sputi i polmoni nel salirci su, né devi farti portare in braccio da un tuo accompagnatore;
  2. la raggiungi anche a piedi dalla centralissima Princes Street, con buona pace dei mezzi pubblici;
  3. ci trovi parecchi monumenti da ammirare, oltre che a goderti la vista mozzafiato della cittadina dall’alto.

National Monument

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Il Monumento Nazionale ricorda un Partenone, costruito per onorare i soldati Scozzesi caduti nelle Guerre Napoleoniche. Venne iniziato nel 1826 e lasciato incompiuto nel 1829 per mancanza di fondi. Già, non avevano i soldi per finirlo e quindi rimase così, costruito a metà. Nel giro di poco, venne chiamato dalla gente “La Vergogna di Edimburgo” o “La Disgrazia di Edimburgo”, perché era impensabile che non si riuscisse a finire un monumento.

Nel tempo, ci sono state proposte per finirlo, renderlo una sorta di tempio come quelli per la Minerva o Giove in Grecia, ma ad oggi è rimasto così: una sorta di rovina antica sulla collina.

Dalla persone che vedete seduti sui gradoni in foto, pare che adesso piaccia e pure parecchio, i turisti non si lamentano.  Ha un’aura magica che nella sua imponenza lascia senza fiato, specialmente in giornate di sole inaspettato.

Ricordiamo che anche a Parigi, la Torre Eiffel non venne apprezzata dai i cittadini, definendolo un mostro di ferro! Oggi però provate ad immaginare alla Francia senza uno dei suoi monumenti più importanti.


E non si può non pensare alle tante Vergogne che ci sono in un Paese del Mediterraneo, patria di arte e cultura senza tempo; Paese dove i templi antichi sono veri e non ricostruzioni ottocentensche, lasciati in balia del caos.

Ci pensi sempre a quel Paese che è parte di te, fai confronti tutti i giorni e ti chiedi se mai smetterai di farne.

Peccato sai già la risposta.

Primavera e Soliti Turisti: sono solo vecchia dentro (ma anche no)

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Ieri sono stata per la prima volta a maniche corte e con la felpa legata alla vita: c’era un sole da non credere, un cielo azzurro che non vedevo così cangiante da un po’ di tempo. Ho seriamente pensato che qualcuno avesse trapiantato Edimburgo nel pieno del Mediterraneo, ma no, a detta di Google Maps si trovava ancora accanto al Mare del Nord.

Pasquetta non sarà stata festa come in Italia, ma di gente in giro ce ne stava, eccome! Basta un po’ di sole che le persone si riversano nelle strade, tante piccole formichine.

Chi era sdraiato sui prati dei giardini, chi addormentato con un libro in faccia, chi invece perso in qualche chiacchierata con l’amico accanto; e come posso scordare di quelli che giocavano con il loro cane al riporto o con i figli? Scarpe, cosa sono le scarpe? C’è il sole, non lo vedi? Stai a piedi nudi sull’erba! Stai a contatto con la natura! Cammina dove è appena passato un gabbiano affamato! Pesta qualche insetto!

Beati loro. Abituata ai soliti 45° estivi all’ombra in Italia, ieri non era da stare a piedi nudi, ma posso capire l’emozione generale per chi ignora il significato di arsura.

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Turisti, turisti ovunque

Non posso scordarmi di loro, i turisti. Non ne vedevo così tanti da Natale, ammassati davanti alle bancarelle assetati di souvenirs e zucchero filato.

Li sgami subito da come si vestono: pensando di andare in un posto freddo come la Scozia, hanno in braccio il piumino pesante e le sciarpe, schiumanti dal caldo. Poi ovviamente, aprono bocca e lì capisci pure da che parte del mondo provengano: famiglie dagli Stati Uniti, Germania, Spagna e Italia.

Fidanzato ed io eravamo sul bus, pensando alla grande passeggiata che ci aspettava arrivati al Parco.

Poi li abbiamo sentiti, anche perché sarebbe stato impossibile non farlo.

Loro, così forti ed orgogliosi delle loro parole soavi, così tanto da doverle urlare.

Una ragazza che se ne stava in piedi quasi accanto all’autista, si è girata e ha iniziato a chiamare, “GIUSEPPE! GIUSE’!” Cercava con lo sguardo perso il suo Giuseppe, ma dell’uomo non c’era risposta, “GIUSEPPE!”

All’ennesimo richiamo, una risposta, un ruggito dagli ultimi posti. “Eh?!”

“Quando si scende?!”

“Eh?!”

“Quando si scende?!”

“Alla next!”

“Eh?!”

“Si scende alla next!”

“La next? La prossima?”

“Eh, sì, la next.”

Le vecchiette sul bus assistevano alla scena come ad un incontro di tennis: la loro conoscenza della lingua italiana credo iniziasse e finisse con buongiorno, pasta, pizza, mozzarella. Credo non sapessero affatto che in Italia questi scambi ad alta voce sui mezzi pubblici siano normali.

La next fermata poi è arrivata e sono scesi: nel bus è calato il silenzio.

E con questo?

Sono ancora qui a chiedermi come faccia certa gente ad amare la sensazione di decine di paia di occhi fissi su di loro, specialmente se all’estero: mi è successo da ragazzina in Irlanda in compagnia di compagni di classe urlanti in giro per musei, mi bastò lo sguardo d’avvertimento della guardia in un corridoio per farmi ghiacciare sul posto. E come dimenticare le povere persone che sul treno cercavano di farsi i fatti loro circondati da un’orda di ragazzini in gita? Mi ritrovavo a fare le veci dei nostri prof accompagnatori e non mi pagavano nemmeno.

  • Laura? Dove sta Laura, l’avete vista?
  • Ah, no, professoressa mi scusi adesso sono qui, mi ero solo andata a sotterrare nel parcheggio qui dietro per la vergogna.

Questa ero io, una sedicenne vecchia dentro a detta di qualcuno. Tutte scuse: non c’entra niente l’età, è una questione di educazione, puoi avere sedici, venti, trenta, cinquant’anni, non importa. Sei su un bus? Ti avvicini a chi ti serve e parli moderatamente. Sei in un museo? Non ti metti a fare gli stacchetti nei suoi corridoi, ma magari guardi la mostra, sia mai che impari qualcosa.

Chiudiamo in bellezza

Ma non finiamo l’articolo in questo modo, che non ne vale la pena.

Il tempo dei cappellini, zainetti e capo gruppo è finito da un pezzo: ormai, io avrei l’età per fare il capo gruppo di un branco di adolescenti.

Adesso, se vado in giro per una città straniera, divento tutt’una con il paesaggio e sono felice così: guardate che bel paesaggio.

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Come non fare le valigie quando si parte

oppure La Tempesta (in ciabatte) – Parte 2

Ho letto parecchi articoli in giro per internet dove persone molto più organizzate di me hanno stilato punti su punti, spiegando come potersi portare tutto in valigia quando si deve partire.

Ehi, tu, sì, sta per partire? Bene, ricordati sempre i documenti, i soldi, la macchina fotografica! Vai al mare? Porta la crema solare! Vai al freddo? Portala lo stesso, se vai sulla neve potresti scottarti! Mettiti un cappello! Vestiti! Yuhuuu, parti!

Mmm, bastasse solo questo. Quando arrivi a destinazione, stai certo che mancherà sempre, ma sempre, qualcosa. 

Della serie, la prima volta che andai in gita con la classe fu in Puglia e dormivamo dentro dei bungalow: mi dimenticai le ciabatte e così per andare da una stanza all’altra, mi spostavo in pigiama rosa confetto e scarponcini scuri, come se dovessi andare a fare qualche scampagnata notturna a 13 anni. Per il resto, le valigie erano impeccabili, complice il fatto che la facessi con mia madre.

Ma torniamo al presente: io non ho assolutamente idea di come fare le valigie in un modo pratico-funzionale.

Vado dove mi porta il cuore, o meglio, le mani, ed apro gli armadi a casaccio, tiro fuori felpe e T-Shirt, le getto dentro la valigia alla meno peggio. Poi, una volta finito, le tiro fuori e ricomincio da capo, incapace di scegliere fra la maglietta con il logo della rock band di turno o il video game preferito.

Senza contare il dover scegliere la maglia più pesante o quella più leggera, perché mi ricordo di come non facessi altro che spogliarmi e rivestirmi l’anno scorso a Glasgow – e okay che sto parlando di maggio – ma non si sa mai.

E se piove? E se viene giù il diluvio universale? Se nevica, grandina, piove lava fusa, arrivano gli alieni, gli zombie, i vampiri? Maglia a collo alto o più basso per favorire il contagio? Eh, sono problemi.

Sì, perché non sto parlando di una o due settimane di vacanza, no, ma di una valigia per trasferirsi a vivere all’estero, in un posto completamente diverso dal tuo.

Arrivata qui ad Edimburgo mi sto pentendo di non essermi ricordata:

  • le creme per la faccia, quelle che idratano la pelle che altrimenti diventa secca sotto il vento freddo che si alza quando meno te l’aspetti;
  • un pettine più grande, uno che possa sistemare quei dannati ciuffetti dietro la nuca che ogni mattina sbucano ai lati come delle piccole corna cresciute nel posto sbagliato;
  • le ciabatte al posto delle infradito, ma non per il freddo, ma perché vado in giro per casa manco fossi un Samurai con sandali di legno e calzini, dopo un po’ il mio alluce si scoccia e non ha tutti i torti;
  • le scarpe da ginnastica, le dovevo comprare nuove perché l’ultimo paio era vecchio e mi aveva ormai abbandonata: è andata bene che le ho trovate oggi scontate, per lo meno non devo scarrozzarmi in giro sulle pianelle;
  • il giaccone più pesante, ma questo per quanto riguarda ieri che seduta al vento sotto lo Scott Monument a riposare, mi è mancato, tanto.

Ma sì, che ci fa, compra tutto là o fatti spedire la roba! Ma è ovvio, solo che ora come ora riempirsi di roba per poi trasferirsi da un appartamento e l’altro sui bus non mi sembra l’idea migliore: nulla mi toglie dalla testa l’immagine di me carica di buste su un bus,  con accanto fidanzato che ne porterebbe anche altre cento (beato lui).

So che probabilmente si tratta solo della mia fantasia che galoppa, che in fondo nessuno è morto per una maglia in più o in meno. La gente in Scozia ci vive da un po’ di tempo, mi abituerò pure io.

In compenso, oggi c’era il sole e stavo con la felpa: sono soddisfazioni!

Alla prossima!

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No, questo sole non è normale, ma giuro di non aver modificato nulla su Photoshop!

PS: gli stivali, che mi hanno fatto togliere all’aeroporto, sono stati comunque la mia salvezza sotto l’acquazzone dell’altro giorno. Se dovete andare dove piove, metteteveli e tenete i vostri santissimi piedi al caldo, ne so qualcosa…. (Ehi, vi ho dato un consiglio utile! Da segnarlo sul calendario🙂.)

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Scott Monument, te stai bene con ‘sto tempo, no? 

Polvere

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“Secondo i miei calcoli, dovremmo trovarci nei pressi della vecchia città di Seattle, Nord America.”

“Dici? Vedo solo sabbia scura. Qualche sasso forse.”

Tratto da Polvere, Oltre Un Punto Blu

Sono passati 1000 anni da quando l’essere umano ha abbandonato per sempre la Terra, il suo pianeta d’origine: una spedizione di giovani ragazzi è tornata per visitarla. Leggilo qui: Oltre Un Punto Blu.