Vicini di Casa: emo, vampiri, festaioli

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Quando parlo di palazzina, immaginatevi queste case qui senza gli spazzacamini a cantare sui tetti.

Sarà colpa della quarantena, ma mi sto accorgendo di vivere in un palazzo pieno zeppo di gente: prima non era raro tornare a casa ad una certa ora del pomeriggio e sentire un silezio assordante provenire dalle porte degli appartamenti. La domenica era un’altra storia, soprattutto in giornate uggiose, dove le uniche creature fuori casa erano gli scoiattoli sotto i rami degli alberi. Ecco, allora lì sentivi la televisione fissa sul telegiornale, la musica a tutto spiano, le ventole dei bagni attaccate per docce millenarie.

Adesso siamo tutti a casa, o quasi: questi rumori li si sentono quando capita, non c’è più la vecchia e sicura routine.

I Nuovi Inquilini

Se prima accanto al nostro appartamento c’era una giovane famigliola con un bimbo piccolo, adesso la musica è cambiata, nel vero senso della parola: nuovi inquilini, nuove abitudini e nuovi rumori molesti ad orari da lupi.

Il pianto del bambino non si sente più, se lo sono portato via nel trasloco (ma va); al suo posto, c’è la radio alle ore più svariate del giorno, mandando musica anni ’70 o le canzoni dei Paramore ai tempi d’oro (2009 o 2010, quando si andava in giro con il ciuffo davanti agli occhi e ci si faceva chiamare Emo).

I miei nuovi vicini, a quanto pare.

La prima sera che io e Fidanzato ce ne siamo accorti, non abbiamo chiuso occhio, siamo rimasti a fissare il soffitto aspettando che pure le risate gutturali terminassero; se non sono  le risate, adesso è la tosse di uno dei due che più che coronavirus, mi pare colpa delle sigarette.

Credo che si tratti di due vampiri a questo punto.

A proposito di sigarette

Non sono una fumatrice, quindi non ho il problema di dover scendere nel giardino comune per dedicarmi alla sigaretta: altri invece ce l’hanno puntualmente quando apro le finestre per cambiare l’aria alla camera la mattina.

Oh, oh, oh, eccola ha aperto la finestra, vaiiiiiiiiii si fuma!!!

Tempo un paio di minuti e l’intera casa dei puffi odora di fumo.

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Allegria.

🚬

E quelli del piano di sotto

Al piano di sotto tempo fa ci viveva una coppia con cane🐕 e gatto🐈: quest’ultimo ho la vaga idea che tenesse lontano i topi dal palazzo, visto che appena se ne sono andati, ci siamo trovati Roger🐁 che scorrazzava felice per casa (ci abbiamo messo 7 mesi prima di risolvere il problema del topo).

Adesso ci vive un’altra coppia spagnola, credo mia coetanea da quel poco che ho visto: come ho già detto, era difficile incrociare persone per le scale della palazzina, figuriamoci adesso che siamo tutti chiusi dentro casa.

La prima sera del lockdown imposto in Regno Unito, credo abbiano organizzato una bella festicciola con tanto di musica, risate e alcool (solo così posso spiegarmi certe risate). La porta si è aperta più volta durante la serata, fino allo scoccare delle tre e mezza del mattino o giù di lì. 🎉🎉

Immagino abbiano voluto dire addio alle nottate di follia che adesso non si possono più organizzare: per strada la polizia ha il permesso di disperdere gruppi numerosi composti da più di 2 persone, tanto per dire. (Sì, ancora puoi uscire per fare jogging, ma se ti metti una mascherina la gente ti guarda come se all’improvviso ti si fosse spuntata un’antenna verde dalla testa. E siamo nel paese dove prima non ti guardava nessuno…)

Mah, sarà, forse io parlo solo per invidia, perché so che hanno il parquet in tutta la casa a contrario mio, bloccata sulla moquette grigio topo vecchio ed in pensione.

Speriamo di dormire: prossima mossa, imparare a ballare come in River Dance saltellando tutto il giorno sulle loro teste, con delle belle scarpe col tacco.

Beccherò l’ora in cui chiuderanno pure loro gli occhi.

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A meno che non siano sordi.

Il Ragno che porta Guadagno

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La ragnatela posso anche sopportarla.

Se avessi avuto il dubbio di vivere dentro la Stamberga Strillante, credo di averne avuto le svariate prove in questi giorni: l’avvistamento di ragnetti era diventato abituale, ma mai come il ragno che ha preso il possesso del lavandino l’altra settimana, proprio quando sono venute a trovarmi mia sorella con un’amica.

Essendo una persona seria e risoluta, sono fuggita trascinandomi dietro un asciugamano a caso, andandomi a rifugiare nella parte più lontana della casa – due metri dopo, mica vivo in una reggia.

Mi hanno trovato in uno stato serio e risoluto, come no!

Se il massimo di grandezza dei ragni “giganti” a cui ero abituata erano quelli con le gambe lunghe, tanto da dargli fastidio da bambina con la scopa in garage, quello nel lavandino era decisamente oltre ogni mia aspettativa.

Probabilmente se fossi rimasta per più tempo nel bagno si sarebbe presentato allungando una delle sue zampette pelose, nice to meet you.

Il piacere è mio, ma anche no.

Come è andata a finire? Ci ha pensato un Fidanzato esasperato all’ospite sgradito, mentre io meditavo tra il diventare tutt’uno con il divano o il purificare la casa con il fuoco così da fare fuori pure il topo che non si fa beccare.

Sì, soffro di una leggera (ma leggera, eh) forma di aracnofobia, quella che ti fa venire voglia di prendere le chiavi di casa e lanciarle al ragno con un bel “tieni, è casa tua adesso!”

Lato positivo? Si dice ragno porta guadagno.

Primavera e Soliti Turisti: sono solo vecchia dentro (ma anche no)

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Ieri sono stata per la prima volta a maniche corte e con la felpa legata alla vita: c’era un sole da non credere, un cielo azzurro che non vedevo così cangiante da un po’ di tempo. Ho seriamente pensato che qualcuno avesse trapiantato Edimburgo nel pieno del Mediterraneo, ma no, a detta di Google Maps si trovava ancora accanto al Mare del Nord.

Pasquetta non sarà stata festa come in Italia, ma di gente in giro ce ne stava, eccome! Basta un po’ di sole che le persone si riversano nelle strade, tante piccole formichine.

Chi era sdraiato sui prati dei giardini, chi addormentato con un libro in faccia, chi invece perso in qualche chiacchierata con l’amico accanto; e come posso scordare di quelli che giocavano con il loro cane al riporto o con i figli? Scarpe, cosa sono le scarpe? C’è il sole, non lo vedi? Stai a piedi nudi sull’erba! Stai a contatto con la natura! Cammina dove è appena passato un gabbiano affamato! Pesta qualche insetto!

Beati loro. Abituata ai soliti 45° estivi all’ombra in Italia, ieri non era da stare a piedi nudi, ma posso capire l’emozione generale per chi ignora il significato di arsura.

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Turisti, turisti ovunque

Non posso scordarmi di loro, i turisti. Non ne vedevo così tanti da Natale, ammassati davanti alle bancarelle assetati di souvenirs e zucchero filato.

Li sgami subito da come si vestono: pensando di andare in un posto freddo come la Scozia, hanno in braccio il piumino pesante e le sciarpe, schiumanti dal caldo. Poi ovviamente, aprono bocca e lì capisci pure da che parte del mondo provengano: famiglie dagli Stati Uniti, Germania, Spagna e Italia.

Fidanzato ed io eravamo sul bus, pensando alla grande passeggiata che ci aspettava arrivati al Parco.

Poi li abbiamo sentiti, anche perché sarebbe stato impossibile non farlo.

Loro, così forti ed orgogliosi delle loro parole soavi, così tanto da doverle urlare.

Una ragazza che se ne stava in piedi quasi accanto all’autista, si è girata e ha iniziato a chiamare, “GIUSEPPE! GIUSE’!” Cercava con lo sguardo perso il suo Giuseppe, ma dell’uomo non c’era risposta, “GIUSEPPE!”

All’ennesimo richiamo, una risposta, un ruggito dagli ultimi posti. “Eh?!”

“Quando si scende?!”

“Eh?!”

“Quando si scende?!”

“Alla next!”

“Eh?!”

“Si scende alla next!”

“La next? La prossima?”

“Eh, sì, la next.”

Le vecchiette sul bus assistevano alla scena come ad un incontro di tennis: la loro conoscenza della lingua italiana credo iniziasse e finisse con buongiorno, pasta, pizza, mozzarella. Credo non sapessero affatto che in Italia questi scambi ad alta voce sui mezzi pubblici siano normali.

La next fermata poi è arrivata e sono scesi: nel bus è calato il silenzio.

E con questo?

Sono ancora qui a chiedermi come faccia certa gente ad amare la sensazione di decine di paia di occhi fissi su di loro, specialmente se all’estero: mi è successo da ragazzina in Irlanda in compagnia di compagni di classe urlanti in giro per musei, mi bastò lo sguardo d’avvertimento della guardia in un corridoio per farmi ghiacciare sul posto. E come dimenticare le povere persone che sul treno cercavano di farsi i fatti loro circondati da un’orda di ragazzini in gita? Mi ritrovavo a fare le veci dei nostri prof accompagnatori e non mi pagavano nemmeno.

  • Laura? Dove sta Laura, l’avete vista?
  • Ah, no, professoressa mi scusi adesso sono qui, mi ero solo andata a sotterrare nel parcheggio qui dietro per la vergogna.

Questa ero io, una sedicenne vecchia dentro a detta di qualcuno. Tutte scuse: non c’entra niente l’età, è una questione di educazione, puoi avere sedici, venti, trenta, cinquant’anni, non importa. Sei su un bus? Ti avvicini a chi ti serve e parli moderatamente. Sei in un museo? Non ti metti a fare gli stacchetti nei suoi corridoi, ma magari guardi la mostra, sia mai che impari qualcosa.

Chiudiamo in bellezza

Ma non finiamo l’articolo in questo modo, che non ne vale la pena.

Il tempo dei cappellini, zainetti e capo gruppo è finito da un pezzo: ormai, io avrei l’età per fare il capo gruppo di un branco di adolescenti.

Adesso, se vado in giro per una città straniera, divento tutt’una con il paesaggio e sono felice così: guardate che bel paesaggio.

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La Natura Fuori dalla Finestra

Non hai bisogno della televisione se nel giardino dietro casa ci sta piantato un albero alto quanto la palazzina: ci sono dei lati negativi, come il dover tenere la luce accesa perennemente nella sala/cucina onde evitare l’effetto di vivere in una cripta (non che poi ci sia sempre questo sole che illumini il paese), ma ha anche i suoi lati positivi. Infatti, credo che l’albero in questione sia la casa di una decina di scoiattoli che, nonostante l’inverno, non sono mai scomparsi del tutto.

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Dettaglio dell’albero in questione che per poco non ci bussa alla finestra

Ovviamente, nel momento esatto in cui stai per prendere la fotocamera LORO lo sanno e scompaiono tra le foglie: questo non significa che non li abbia beccati di tanto in tanto! Per esempio, eccone uno che pensava di essermi sfuggito, preso di soppiatto.

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A volte, li trovi che si nascondono tra i rami, in attesa; altre volte ancora, sembra quasi che ti stiano guardando per racimolare qualche briciola di cibo. Io non sono Biancaneve, l’avevo già capito dalle mie grandi esperienze con il mondo animale; Fidanzato al contrario, pare che ci si trovi con la fauna locale, tanto da avermi assicurato di aver attirato uno degli scoiattoli fin sopra al davanzale un giorno che non c’ero (meglio così, se ci fossi stata, lo scoiattolo ci avrebbe schifati entrambi).

Se un giorno ci ritroveremo la casa invasa, non ci sarà da stupirsi.

Insomma, c’è da dire che non devi andare per forza nei grandi parchi: qui basta un albero, un po’ di verde e gli scoiattoli non ti fanno annoiare durante un tè.

Vi lascio con questa gif, un piccolo assaggio di un video che sono riuscita a fare.

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La normalità all’ombra di un castello

Mi è venuto in mente, leggendo in giro su Twitter & Co. le ultime dichiarazioni in merito a famiglie “normali” uomo-donna etc, etc, etc, quando l’anno scorso andai in Scozia per la prima volta e visitai il Castello di Edinburgo.

Stando in un appartamento a Glasgow, di buon mattino io e fidanzato siamo andati a prendere il treno, arrivando nella capitale della Scozia un’oretta dopo.

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Scott Monument, a sinistra

Wow, wow, wow, sono rimasta senza fiato: era una bella mattina di maggio, con tanto di sole e tranquillità! Visto che era ancora presto, abbiamo fatto colazione nei Princes Street Gardens, per poi dirigerci verso il Castello.

Ora, non mi dilungherò sulla visita di quella fortezza stupenda che ha un posto speciale nel mio cuore; non mi metterò a parlare di quanto magica sia stata la visita tra le antiche mura. No, voglio raccontarvi di una scena normale, qualcosa a cui ho assistito e che mi ha fatto sorridere un po’ sul momento.

Verso pranzo, io e fidanzato ci siamo andati a sedere su uno dei pochi muretti liberi, visto che le panchine erano state assalite da famiglie e gruppi numerosi. Così, stringendoci un po’ a fatica, con lo zaino in braccio, abbiamo consumato il nostro sandwich preparato quella mattina.

Tra un morso e l’altro, all’improvviso si è udito il pianto di un bambino piccolo: avete presente quando ci si mettono di impegno a fare i capricci, no? Quel suono universale che ti rende l’udito parzialmente andato? Ecco. Ho guardato lo spiazzo davanti a me ed era appena arrivato un papà sconsolato, che spingeva il passeggino con una bambina in piena crisi. Per cercare di calmarla, si è fermato e l’ha presa in braccio, ma niente, la bambina non ne voleva sapere proprio niente.

“Vorrà la mamma,” ho commentato, pensando a quanto non invidiassi quel povero uomo.

Non ho fatto in tempo ad abbassare lo sguardo che fidanzato aggiunge molto tranquillamente, “o magari l’altro papà.”

In effetti, le urla erano cessate non appena un altro uomo tutto sorridente l’aveva raggiunta: se l’è presa in braccio, coccolata un po’, et voilà, la bambina era tornata a sorridere. L’altro papà, sconfitto, se ne stava appeso al passeggino ad osservare la scena, felice però che tutto si fosse risolto nel migliore dei modi.

Li ho guardati andare via con il sorriso: cosa c’era di strano in una scena così normale? Due genitori con la propria figlia, in gita al Castello di Edinburgo.

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Entrata del Castello di Edinburgo

Capisco che il punto di vista di un rappresentante religioso, non possa essere lo stesso di un ragazzo ateo di vent’anni aperto a tutto e tutti: deve dar voce al suo credo, quindi dire che l’unica famiglia riconosciuta da un essere supremo sia quella uomo-donna, non è niente di nuovo sotto al sole. Quando invece mi trovo davanti a persone come me, che ritengano il loro amore etero più normale, più giusto, più bello, rispetto ad uno omosessuale, non li capisco proprio.

L’amore è amore. Cavolo, me lo mettono in canzoni, film, serie TV, libri! Ovunque ti giri, viene sbattuto ovunque, in contrasto a questa cultura di odio e violenza. Saranno frasi fatte, ma l’amore abbatte barriere, culture, va oltre il semplice uomo/donna. Ci si innamora di persone che hanno pregi e difetti: sono le stesse che incontri al supermercato a fare la fila insieme a te, con le quali magari ti ritrovi a fronteggiare una Crudelia De Mon che non rispetta il numeretto.

Quanto sarebbe bello se un giorno tutti noi ci facessimo gli affari nostri, senza puntare il dito dovendo etichettare che cosa piaccia all’altro nella camera da letto! Vivere tranquillamente, formare delle famiglie piene d’amore e di rispetto… E sì, anche tirare su dei figli tra una gita e l’altra, condividere ricordi ed educarci al rispetto.

Utopia, eh?

Fumarsi il cervello

Arriva l’estate! Finalmente le giornate si allungano, c’è il sole, il mare, la montagna, voglia di uscire fuori all’aria aperta… Purtroppo, c’è anche il caldo asfissiante che ti porta ad aprire la finestra se non sei attrezzato di aria condizionata e sei costretto a stare in casa.

Così, apri le finestre che danno sulla tua stanza o sulla cucina e ti godi l’arietta fresca della sera, quando la senti: la puzza di fumo di sigaretta; e allora corri, corri a chiudere la finestra in camera, serra tutto, aspetta almeno un quarto d’ora (?) prima di poter riaprire la situazione.

Praticamente è come avercelo dentro casa…

Il vicino di casa fuma, cazzarola:  Che si fa a ‘sto punto?

  1. Compri un calderone ed opti per l’olio bollente: lo fai colare giù dal balcone condominiale per protesta, così stai sicuro becchi tutti i condomini, fumatori e non. Ci saranno delle vittime innocenti, certo, ma saranno martiri per la tua crociata contro il fumo;
  2. Decidi di iniziare a fumare anche tu: l’ultima volta che ci hai provato avevi 13, 14 anni, ci manca poco che ti strozzi con il fumo, ma a questo punto pensi che sia meglio controllare da te le sigarette fumate, magari ti unisci al tuo vicino e ti fai pure una birretta;
  3. Cambi casa e ti ritiri in un luogo lontano dalla civiltà, lontano da ogni dugongo irrispettoso (senza offesa per i veri dugonghi);

    Un dugongo rispettoso nel suo habitat, da Wikipedia
  4. Comunichi al tuo vicino il tuo problema, sperando che non ti rida in faccia o sgrulli le spalle (ao, che voi da me, ‘ndo fumo io?);
  5. Chiudi le finestre e aspetti, contando fino a 12000: la tua rabbia schiumerà e magari a quel punto la sigaretta sarà finalmente finita.

E siamo solo a giugno, purtroppo.


Ovviamente, io non ho nulla nei confronti dei fumatori che rispettano i non fumatori: avevo un’amica all’università che puntualmente si allontanava da me, mettendosi in modo che il vento non spingesse il fumo nei miei polmoni. Quindi, davvero, caro fumatore, se vuoi fumare fallo pure, ma non imporre a me una tua scelta. Ah, e i mozziconi, magari, non gettarli a terra (povera) o sulla sabbia, che poi con la fortuna che uno si ritrova, ci mette il piede sopra – e fa male, cacchio, ne so qualcosa! Buona sigaretta.

File, queste sconosciute!

Io credo nella fila. Io vengo dopo di te, tu vieni dopo ti me, lui viene dopo di noi, etc, etc, etc. Chi è l’ultimo? Numero? Grazie, aspetto qui. Adesso, non importa che ci si trovi in fila alla cassa di un supermercato, di una copisteria, una segreteria di una scuola, alle poste, dal medico: ci sono sempre dei soggetti che sanno di dover esistere per romperti l’anima. Sì, dico proprio A TE, che credi nell’ordine e nella civiltà.

Vero, a volte sembrano non terminare mai, eppure ci possono evitare tanti incidenti e litigi che altrimenti sarebbero all’ordine del giorno.


Una giornata qualunque, in una città qualunque

Prendi le tue cose, fai mente locale (latte, pane, uova, okay, ho tutto), ti metti in fila nel piccolo negozio sotto casa perché pensi, ehi, non mi va di andare fino al supermercato per due cose, posso farcela, ho solo un paio di personcine carine davanti. Ho pure il numero! 

Sbagli di grosso, mio caro avventuriero.

“Spiacenti, signori, il numero non funziona,” dice la povera commessa dietro al banco, indicando il numero digitale dietro di lei fermo a 99. Ah, mannaggia. “Chi c’era?”

Vabbè, non sarà una tragedia, pensi sempre fiducioso, siamo pochi, ce la posso fare.

Eh, no! Perché ecco che arriva lei: la signora con il cagnolino isterico al guinzaglio, occhiali da sole neri cerchiati che le coprono mezza faccia e le unghie curate che ricordano degli artigli. Oh, chi sono io per giudicare, pure Crudelia De Mon deve fa la spesa, no? Va bene. Prende un paio di cose al banco e poi si mette accanto a te, né troppo avanti, né troppo indietro.

Fin qui tutto normale.

La signora davanti a te si fa dare i suoi panini e il suo prosciutto cotto, paga e se ne va senza troppi problemi: saluta pure col sorriso, che è raro di questi tempi. La campanella tintinna e proprio quando stai per avanzare e parlare con la commessa, ecco che non la vedi più. La vista ti si annebbia, ora non c’è più il volto di una giovane donna pronta a servirti, ma una matassa di capelli tinti: Crudelia De Mon ti si è messa beatamente davanti, perché mi dispiace dirtelo, tu non esisti.

“Che ce li avete i panini all’olio tondi tondi?”

La voce sovrasta pure la musica pop alla radio e tu ti fai da parte, per paura di mangiarle i capelli. Strano che pure il cane non ti abbia preso per soprammobile: potresti inventarti un lavoro nuovo, il soprammobile umano nei minimarket, visto che adesso ti sta riuscendo molto bene.

Guardi la commessa dietro al banco che ti guarda con pietà e allora, sì, sì, esisti, non sei un fantasma!

“Ehm, Signora, scusi, c’era la ragazza prima di lei…”

Crudelia si volta di scatto e ti guarda dall’alto al basso. Lo sapevo, pensi, ho dimenticato di mettermi i pantaloni, sono senza scarpe, ho un ragno in testa, mi è rimasto del dentifricio sulla faccia.

Le sorridi, annuendo, “eh, sì, Signora…”

No, mi dispiace, non puoi fare nulla: Crudelia ti affonda con una sgrullata di spalle e si rigira a guardare la commessa.

“Ah, vabbè, ma tanto faccio presto! Ce li ha questi panini?”

Nel frattempo, ci sono altre due persone che sono entrate ed assistono alla scena; il cane fiuta il negozio, forse alla ricerca dell’educazione della sua padrona che le è caduta quando è entrata.

La commessa combatte: può cercare di mantenere l’ordine o soccombere alla donna. Tu capisci di dover intervenire e cerchi di essere il più gentile possibile. Ti schiarisci la voce, avanzi verso il banco e poggi le tue cose accanto alla cassa.

Ora sei faccia a faccia con la donna. “Signora, mi scusi davvero, ma c’ero prima io, il numero non funziona…”

Per Giove!

Il sole si oscura, un tuono scuote l’intera città. Le persone gridano pietà, pietà, pietà, il cane emette un guaito dinnanzi alla metamorfosi di Crudelia. L’Apocalisse inizia in un minimarket, stai per essere giustiziato.

“Che modi! Io faccio subito, l’ho detto prima, pago i miei panini e me ne vado!”

Capisci che non c’è nulla da fare. La commessa la serve solo per farla uscire dal negozio al più presto, mentre scuoti la testa e ti guardi con gli altri clienti in silenzio.

Crudelia paga, sistema il portafoglio nella sua borsetta e se ne va, tirandosi dietro il povero cane.

“Scusami,” dice la commessa sconsolata, “avevi ragione, ma non se ne andava più…”

Povera commessa: dopo una giornata a trattare con i pazzi, rischi di diventarlo pure tu.  Alla fine non te la prendi, perché per lo meno ora è il tuo turno e te ne puoi andare. Sei consapevole di essere una persona migliore, almeno in parte.

Il sistema delle file è stato sconfitto anche oggi, ma non perdi la fede, non ancora.

Ripeti il tuo credo, mentre torni a casa con la busta piena:

io non supererò mai nessuno,

rispetterò la fila,

aspetterò il mio turno

e non renderò la vita degli altri miserabile.

Il sole è tornato, per fortuna.

Alla prossima fila.

Cose che accadono (quasi) sempre quando vai al cinema

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Andare al cinema piace a un sacco di gente: l’emozione di guardare un nuovo film, la compagnia di amici o parenti, i popcorn… Bello, sì, tutto bello. Peccato che nella realtà, le cose siano molto, molto diverse! Basta poco per rovinare una bella uscita.

  1. Il tipo alto che ti si mette puntualmente davanti: è una vera e propria tragedia, sopratutto quando sei ancora bambino. Una volta, ricordo che andai a vedere un cartone animato e all’ultimo mi si sedettero davanti dei tipi usciti da una squadra di basket. Praticamente, feci ginnastica per tutto il tempo del film, dondolandomi come una scimmietta: inutile cambiare posto, ormai era troppo tardi e la sala era piena.
  2. I bambini che piangono, che ridono o che schiamazzano: ci sta seguire il film con entusiasmo, ma non puoi passare l’intero film a chiedere “perché Iron Man ha detto questo?” “perché ha fatto quello?”, come se tua mamma abbia scritto la sceneggiatura del film. Sssh, tesoro, chiudi la bocca e guarda! Non sei da solo in questa grande sala. Lo so, dispiace anche a me, la prossima volta restiamo a casa che è meglio.
  3. La gente che mangia: durante alcuni film, la più bella colonna sonora non è composta da Hans Zimmer o Alan Silvestri, ma dal pubblico in sala che con le sue ganasce fa impallidire i più bravi percussionisti del mondo. Popcorn, barrette di cioccolata, patatine, non importa cosa! State tranquilli che sarete cullati da magiche sinfonie dentali.
  4. La luce improvvisa nel buio completo AKA il cellulare di qualche tizio che ha bisogno di sapere che ore sono, mandare un messaggio, rispondere ad una telefonata improvvisa “eh, no, sono al cinema, SONO AL CINEMA NON POSSO PARLARE!!! Sì, sì, ciao, ciao.” E tu stai lì, mezzo accecato, sentendoti come se avessi appena avuto una visione mistica.
  5. Le comitive chiassose: a seconda dell’età si distinguono fra la comitiva adolescenziale che si lancia il cibo da una fila all’altra emettendo gridolini eccitati, e la comitiva di famiglia costituita da mamme, zie, cugini, passeggini, nonni, vicini di casa. In queste comitive è possibile trovare molti bambini del punto 2.
  6. Il pavimento porcile: si riaccendono le luci in sala, prendi la tua giacca e la la borsa, ti metti in piedi e… Oh. No. Ti prego, No. Sei circondato di resti di lattine di bibite gassate, sacchetti vuoti stropicciati e ti senti protagonista di The Walking Dead, chiedendoti se fuori dal cinema troverai gli zombie ad aspettarti o se per caso ci sei stato assieme per due ore. A passo lento, devi scavalcare qualche cadavere, ma alla fine esci e puoi respirare l’aria fresca della putrida città. No, non è iniziata la fine del mondo. AH! Cosa ho sotto la scarpa? Oh, resti di popcorn con una cicca masticata. Che bello!

Quando andate al cinema, rispettate chi è in sala con voi e si vuole godere un bel film in santa pace; ma soprattutto, non sporcate la sala “perché tanto poi puliscono”, facciamo le persone civili.

Grazie.

(E grazie anche a te, ignoto, che sputi la gomma a terra)

Buon cinema a tutti!

(Adesso, posso andare a vedere Deadpool 2)