Posso assicurarvi che no, non ne stiamo uscendo migliori da questo grande circo mondiale: una cosa che ho notato, ritornati dallo pseudo-lockdown i clienti incattiviti sono aumentati in maniera considerevole. Nel senso, in meno di una settimana ne ho incontrati più di uno che avevano il dente avvelenato; settimana che tra l’altro, mi è sembrata essere durata un mese.
In barba delle regole che mi dicono che non dovrei parlare dei clienti sul web, ma nemmeno del lavoro o della compagnia stile “prima regola del Fight Club, non parlate del Fight Club”, ve ne parlo perché sì. Questi clienti sono l’emblema di una categoria che è ben più grande del loro piccolissimo ego da scarabeo stercorario.
C’è quella che vuole lo sconto sul prezzo originale rimanendoci male (ma male male) alla mia risposta, no, non posso farlo, la decisione dei prezzi non è tra le mie mansioni ufficiali; quella che al mio arrivederci a fine conto, mi lancia schifata lo scontrino che le ho appena dato attraverso la buchetta senza dire una parola; quello che a dieci minuti di chiusura mentre pulisco per terra, entra con gli scarponcini pieni di fango (sperando che fosse solo fango) girandosi tutto il negozio, per poi uscire e guardarmi come se niente fosse, mentre passo gli stracci a terra per le millesima volta a scrostare le sue impronte da Big Foot.
E quelli che sbuffano perchè non posso accettare una banconota da 20£ per pagare una robina da 50 pence? Tanto vale staccare la cassa e darla al cliente, chiudere la saracinesca e buona sera. Non ho scritto banca in testa l’ultima volta che ho controllato allo specchio.
La migliore però che si merita una medaglia con trofeo su questo blog, è una donna sulla quarantina forse più; con la mascherina è difficile capire l’età di una persona, a volte dei trentenni mi passano per minorenni e lì ci si diverte.
Complimenti, carissima, questa è per te. 🙂
Sto ancora qui a chiedermi che cosa volesse che facessi quando il mio collega adolescente le ha detto che non avessimo dei libri che stava cercando: chissà, forse dovevo disegnare un pentagramma a terra ed evocarli dalle tenebre; dovevo tirarli fuori dal magico mondo del retro bottega dove non esistevano.
Domanda: avete i libri X?
Risposta: no, non ce li abbiamo, ci dispiace.
– Tipica scena che accade in miriadi di negozi sparsi per il globo.
Forse non siamo stati veloci abbastanza da scattare in suo aiuto, rintanati dietro gli schermi di plastica dove preferisco stare, visto che non si sa mai chi entra e chi no dalla strada con tanto di virus e schifezze varie. Con questo, non mi è sembrato al momento di averla ignorata o sbeffeggiata, ma forse qualcosa si è perso nella traduzione inglese-italiano.
Chissà.
Non lo saprò mai.
Di punto in bianco, ha replicato stizzita di come “non fossimo in grado di svolgere il nostro lavoro”. Ha inziato a girare come una trottola per il negozio, mostrandomi dove fossero le cose, “così da poter aiutare i prossimi clienti” toccando tutto. Lei, che aveva un’attività proficua, sapeva come mandare avanti un negozio (parole sue), come trattare i clienti che entrano per mandare avanti la sua bottega.
Ah.
Avrei potuto farmi gli affari miei, lasciarla bollire nel suo brodo di gallina mentecatta avvelenata, ma ho deciso di intervenire per spirito di squadra.
O forse sono solo troppo buona, mannaggia a me.
Ci è mancato poco che la prendessi di peso per scaraventarla su uno degli scaffali in modo che potesse cercarseli da sola i libri ma da vicino. Ringrazio che avessi la mascherina, altrimenti avrebbe visto il mio sorriso da livello normale a livello Joker di Batman. Sul momento, più di dirle di essere al corrente dello stock in negozio e che i libri si trovassero dalla parte opposta rispetto a lei, non sapevo che altro aggiungere.
L’ho pure ringraziata per la sua premura, grazie sì, lo so che qui abbiamo le penne, ma lei voleva dei libri o sbaglio? Ma ormai era partita, era un disco rotto e stonato che non mi ascoltava poiché inferiore a lei, la grande imprenditrice Miss Trump.
Ed intanto, dentro di me pensavo, oh mio dio, ho davanti a me una Karen per la prima volta.
Karen: nome molto popolare tra le donne bianche negli Stati Uniti, viene usato per indicare lo stereotipo femminile del cliente che si lamenta di qualsiasi cosa nel negozio, culminando il più delle volte con la fantomatica frase vorrei parlare con il manager.
Come è andata a finire? Dato che stava alzando il tono di voce e di fare scenate peggiori non avevo proprio voglia, ho chiuso la discussione ribadendo che non avessimo quello che cercava. Stop.
Proprio in quel momento, un mio supervisore dallo sguardo spaesato e confuso è spuntato dal retro, chiedendomi che sta succedendo?
Ah, niente, la cliente cerca dei libri che non abbiamo, nonostante gliel’abbia detto più volte.
Grata alla porta STAFF ONLY, mi ci sono barricata per buoni dieci minuti: ho detto al mio manager di aspettarsi qualche lamentela verso la straniera che è venuta qui in Scozia a rubare il lavoro senza nemmeno saperlo fare. Il mio collega adolescente schiumava di rabbia quasi quanto me, entrambi presi alla sprovvista dal comportamento di quella cliente.
Non te la prendere, certa gente è così, mi ha detto il mio manager; fosse successa una cosa del genere pre-virus forse l’avrei gestita meglio, forse no. Dopo un anno di customer service ho scoperto che – sorpresa! – sono troppo sensibile per questo lavoro, per quanto mi vanti di essere la regina dei ghiacci.
La cosa buffa è che qualche giorno dopo sono arrivati i fantomatici libri che voleva: ho aperto il pacco e quando li ho visti sono stata tentata di prenderli e di andarli a bruciare solo per sfregio.
Ma no, non è colpa dei libri, buttare i libri è peccato.
Adesso abbiamo le divisine natalizie, così a sorpresa; ammetto che fosse l’ultima cosa che mi aspettassi, dopo il secondo lockdown imposto giù in Inghilterra. Pensavo che le priorità fossero altre, come cercare di limitare la gente nel negozio, ma no, dobbiamo vestirci a festa perchè ovviamente the show must go on.
Nonostante dovrei solo sorridere ad annuire, non posso non restare accigliata davanti alle 20 persone che entrano nel negozio insieme, come un fiume in piena; e vi assicuro che poi, sono le stesse che vanno a lamentarsi di come lo staff non faccia il proprio lavoro per mantenere il distaziamento sociale.
Come ho già detto, preferisco stare dietro l’acquario di plastica al sicuro, piuttosto che acquattata tra gli scaffali e farmi fare la doccia dalla signora/signore di turno che non indossa la mascherina per questioni mediche. E non puoi discriminarli, perchè appunto, ho il permesso del mio medico! Metti un visore allora, non ti attaccare stile koala a me che non faccio parte del tuo nucleo familiare.
Io ti rispetto se tu mi rispetti, non è difficile. E poi tanto ti rispetterò comunque perchè purtroppo il cliente è re, ma se ti comporti da scemo non vedrò l’ora che te ne esca da questo posto.
Negli ultimi giorni si sono calmati un po’, meno persone ammassate che significa più sicurezza per me. Un secondo lockdown non è stato ancora imposto in Scozia, andiamo a zone da 0 a 4, un po’ come i colori in Italia e non ci si capisce un accidente lo stesso.
Inglesi che passano il confine, gente che viaggia perchè tanto non controlla nessuno… Potrei andare avanti all’infinito.
Edimburgo è zona 3, quindi a un passo dalla 4: chi può lavora da casa, si deve uscire il meno possibile, evitare i mezzi di trasporto se si può, i negozi sono aperti così come le scuole. Sì, i pargoli piccoli e grandi scorrazzano in giro per le strade indisturbati, ebbri di adolescenza; un po’ li invidio, poi però mi ricordo che devono fare matematica ed io ho già dato.
Tanto, a sentire la cliente, non so fare manco quella.
Alla prossima!