Welcome Back! Forse è meglio andare a piedi.

Gli omini salva-vita della Ryanair che ti accompagnano per tutto il tuo viaggio

Viaggiare con la Ryanair è un’esperienza che toglie letteralmente il fiato: se per la malaugurata sorte, il tuo aereo partirà per l’ora di pranzo con un’ora di ritardo, l’aria si riempirà di odori sopraffini di panini precotti, pizzette, birra e vino di accompagnamento. Buon appetito. E se le mascherine adesso sono a scelta, te ne penti di indossarla quando la zaffata di cipolla raggiunge le tue povere narici.

Poi oh, metti caso devi anche alzarti per usufruire del bagno, che fai non ci vai? Ti alzi e ti fai sottile sottile, raggiungendo la porta della toilette-loculo, cercando di ricordarti la funzione di una semplicissima maniglia. La giovane hostess nel frattempo prepara il carrello perché è ora degli snack-profumi-acqua santa.

E lo sai già, sì, lo sai che hai scelto il momento peggiore per andare al bagno: quando hai finito ed esci dallo stanzino, il carrello e la hostess sono davanti a te sbarrandoti la strada verso il tanto agognato posto. Inizia la processione, stazione dopo stazione con il capo chino, offerta dopo offerta. Una carta non funziona, il pin è errato, spiacente non accettiamo cash e via, si perde ulteriore tempo. La testa di Fidanzato spicca dal sedile e sembra solo allontanarsi sempre di più.

Il passaggero accanto al tuo posto si alza per pietà. Esiste ancora gente cortese al mondo.

L’occhio stanco si chiude, fluttui nel dormi-veglia infernale cullato dal cuscino soffocante da viaggio, quando una voce ti desta all’improvviso: è il tuo capitano a 4000 decibel che ti fa sapere che siete quasi arrivati a destinazione. Nello spavento dai anche una gomitata al tuo vicino di posto, che non è Fidanzato, è il poveraccio che per pura sfiga si trova accanto a te durante questa lunga tratta.

Ma non fa niente, non fa niente. Ancora è vivo, non si è fatto male. Era il modo per ringraziarlo della cortesia precedente.

Il paesaggio sotto cambia, si passa la Manica ed arriva puntuale il Regno Unito con le sue nuvole fitte fitte che sembrano dire “stiamo bene qui Europa, crepate di caldo”. Tempo mezz’ora e l’aereo finalmente tocca terra, sequestrando equipaggio e passeggeri per un tempo che sembra immenso, causa mancanza di personale di terra all’aeroporto di Edimburgo.

Traduzione: mancava la scaletta.

“Signori, un attimo, cercherò di capire cosa sta accadendo, ci scusiamo per il disagio.” Il povero capitano è stanco e provato tanto quanto l’aereo stesso. L’aria condizionata spenta all’arrivo, viene riaccesa per non asfissiare i passeggeri zuppi di sudore.

In lontananza, ecco tre ragazzi di corsa che giungono in soccorso.

“Fateci scenneeeeee!!!” Urla qualcuno, scalpitando per un piatto di haggis e Mars fritti locali.

Si scende.

Ed anche oggi, non si dorme in aereo.

Yep.

Si parla dell’arrivo di un’ondata di caldo anomala, la gente sta correndo ai ripari per lunedì e martedì, quando le temperature quissù toccheranno i 30 gradi. Vi farò sapere come se la caverà la fauna del posto, non abituata ai 40 gradi all’ombra italiani durante una semplice gita a Roma.

Vigamus – Il Museo del Videogioco

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Entrata dell museo.

Un mese fa, ho avuto modo di visitare Vigamus – Il Museo del Videogioco a Roma e si è rivelato essere una piacevole scoperta.

Nonostante sia di dimensioni contenute, il Museo del Videogioco ti racconta la storia del gioco videoludico, dagli albori di Pong fino ai contenuti più all’avanguardia; i pannelli illustrativi colorati e dettagliati sono sia in italiano che in inglese, invitando alla lettura anche i turisti.

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ZX Spectrum Plus dell’inglese Sinclair Research, principale concorrente della più famosa console Commodore 64 in Europa.

Non mancano teche espositive con console delle generazioni precedenti: molte di queste non le avevo mai viste dal vivo, essendo classe 1993.

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Scegli il tuo preferito!

I Game Boy coloratissimi uno accanto all’altro mi hanno fatto ricordare di quando alle elementari ci si giocava gomito a gomito con il bambino di turno che li possedeva: se una volta erano solo un semplice gioco per bambini, adesso sono la storia.

Come passano gli anni, eh?

Il fallimento dell’ATARI e la sepoltura di E.T.

Logo

Una parte del museo è dedicata alla storia della Atari, casa produttrice statunitense che per anni ha dominato il mondo videoludico fino al 1983, quando fallì definitivamente per via della crisi del mercato dei videogiochi.

“Nel luglio del 1982, sull’onda del successo del film E.T., Atari ottenne i diritti per realizzarne il videogioco ufficiale. A Steven Spielberg erano stati promessi 25 milioni di dollari di royalty e che il gioco sarebbe uscito per Natale. Con così poco tempo per svilupparlo, l’autore Scott Warshaw non poté compiere miracoli: E.T. era brutto da vedere e pessimo da giocare. I cinque milioni di cartucce prodotte restarono praticamente invenduti.” – da un pannello espositivo del museo.

Pubblicità del gioco

La storia di E.T. mi ha colpito più di tutti, diventato simbolo del fallimento dell’Atari, tanto da finire in una discarica improvvisata, sotto metri e metri di sabbia del deserto di Alamogordo nel New Messico negli Stati Uniti.

Per anni sembravano solo dicerie, una bizzarra leggenda metropolitana, ma nel 2014 alcuni scavi portarono alla luce cartucce di E.T., Centipede, Asteroid e quant’altro rimasto invenduto dopo il fallimento dell’Atari. Al riguardo, esiste un documentario molto interessante diretto da Zak Penn, Atari: Game Over.

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Uno dei tanti giochi di E.T. ritrovati nel deserto ed esposto al museo con tanto di certificato di autenticità.

Al museo ho avuto modo di provarlo, rendendomi conto di quanto fosse frustrante da giocare in prima persona: non c’era verso che E.T. uscisse fuori da quel burrone, spostandosi in alto solo per poi caderci rovinosamente dentro.

Ancora, ancora e ancora.

A volte il successo di un film non può essere equivalente a quello di un eventuale videogioco: in questo caso è stato un fallimento catastrofico.

Giocare in prima persona

Durante la visita si ha la possibilità di provare tanto altri giochi arcade come Street Fighter ma anche giochi più moderni: dopo 15 anni ho provato nuovamente l’ebbrezza di impugnare la chitarra giocattolo di Guitar Hero, incriccandomi le dita per benino.

Suonare una chitarra vera è meno difficile, ve lo garantisco, ma lo rifarei subito.

Non mancano PlayStation e Xbox, con giochi più moderni come Assassin’s Creed e Mass Effect.

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E non poteva mancare Fix-It Felix, il gioco protagonista del film Disney Ralph Spaccatutto: in occasione dell’uscita del film nel 2012, venne prodotto il videogioco a grandezza naturale!


Per chiunque sia interessato nel visitare il museo, anche solo per giocare a giochi classici che hanno fatto la storia, potete trovare altre informazioni presso il suo sito internet: http://www.vigamus.com/.

Chi incontri alle Fiere del Fumetto

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Romics alla Nuova Fiera di Roma, 2015

Sono stata ad un po’ di edizioni del Romics nel corso degli anni e ho notato sempre le stesse persone che puntualmente lo visitavano. Vediamo un po’ di che soggetti si tratta, mmm?

  • Famiglie Numerose: questi soggetti arrivano alla Fiera in gruppi di 5 o più esemplari tra adulti e bimbetti vestiti dal loro supereroe preferito. Nel peggiore dei casi, sono accompagnati da passeggini extra-large che si incastreranno fra le porte di un padiglione e l’altro, con tanto di bimbo stato larvale urlante; inutile dire che sarai costretto a fare il salto ad ostacoli, magari aiutandoti con la tua staffa da mago (se ti sei vestito da mago e ti va bene). Importante segnalare la presenza perenne dei cellulari che scatteranno milioni di foto ai pargoli, magari quando tu ci passerai dietro da perfetto photo bomber. Ah, non dimentichiamoci dei borsoni pieni di libagioni che potrebbero sfamare un continente;
  • Famiglie Nerd: queste famiglie si distinguono da quelle di sopra, poiché generalmente arrivano alla Fiera vestiti dai loro personaggi preferiti scegliendo un tema in comune. Si segnala l’avvistamento di un nonno-Silente e nipote-Harry Potter, ma anche di un padre-Odino e di una figlia-Wonder Woman (perché ci piacciono i crossover) ed infine anche una grande famiglia tutta vestita stile Steampunk;
  • Trekkies: sono loro, i fan di Star Trek che si gireranno le Fiere almeno da illo tempore, che adesso possono interpretare i loro idoli al meglio visto che l’età è pur sempre quella. Sono la storia delle Fiere, non gli manca niente, dalle pistole al trucco e sono meravigliosi;
  • Cosplayer: ce ne sono a centinaia e si possono distinguere a loro volta in due tipi, fra quelli Occasionali e Professionisti. I primi partecipano sporadicamente alle Fiere, impegnandosi il giusto per non spendere chissà che capitale per creare il proprio abito: può capitare che qualche pezzo del vestito si distrugga nel tragitto casa-fiera, ma ce lo si aspetta; i secondi, sono coloro che partecipano ai contest, si portano dietro impalcature, luci, suoni, scettri, spade, madri e padri, cugini e fratelli, arrivando da tutta Italia. I Professionisti sono i più inquietanti poiché a volte perdono il contatto con la realtà, chiedendosi chi sono io e dove inizia il mio personaggio? Ma lasciano senza fiato per la somiglianza: non dimenticherò mai il Jack Sparrow che si aggirava per la Fiera baldanzoso a baciare le mani delle donzelle!
  • Fotografi: si aggirano di soppiatto, pagano il biglietto e fanno foto random a cosplayer ed esibizioni. Dopo, ti lasciano il biglietto da visita puntualmente con il nome sbagliato così che non troverai mai la tua foto persa chissà dove sul web – ovviamente se hai sfortuna.
  • Le Volpi: sono i soggetti che credono di poter pagare di meno il biglietto vestendosi casual con la scusa del “sto facendo il cosplay di The Sims,” oppure “ho un elmo di cartone quadrato, sono di Minecraft.” Ragazzi, non funziona mai, mettetevi l’anima in pace: se volete lo sconto cosplay, fate un cosplay.
  • I Casinisti: di età pre-adolescenziale, vanno ad eventi come questi solo per sfogarsi, correndo come matti da un padiglione all’altro, toccando tutto quello che possono toccare sugli stand (pure se severamente vietato, ex. costruzioni LEGO). Sulle spalle, non manca il fedele zaino-sacca che balza da una parte all’altra, in cui ci si trova solamente una bottiglietta d’acqua (se va bene). Di solito, la maggioranza andrà a fare la fila per incontrare qualche Youtuber che ci azzecca con una Fiera di fumetti come i cavoli a merenda.
  • I Samurai: di varie età, questi soggetti si fermano allo stand delle katana e le guardano per ore ed ore, accarezzandone la lama e sognando il giorno in cui potranno usarle in una apocalisse zombie.
  • L’Uomo Cipolla: lui è l’extra di questa lista, è il più fastidioso ma anche il più silenzioso. Fa caldo nel padiglioni e ad un certo punto, si sento questo amabile odore di soffritto, ma ti ricordi che fanno solo Sushi in quella zona. Non è soffritto, è un essere umano che sta bollendo a cottura lenta.
  • Stessa cosa la Donna Cipolla.

Vi lascio con questa immagine poetica nella mente ❤ Mi raccomando, il sapone è vostro amico.

A voi è mai capitato di andare a qualche Fiera? Chi avete incontrato di interessante?

Ho incontrato Houdini (ma non gli ho chiesto il numero per WhatsApp)

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Io, pronta a conquistare il parco!

Ieri sono andata al parco di divertimenti Rainbow Magicland, a Valmontone, con fidanzato e sorella, dopo cinque anni che l’avevo visitato per la prima volta. Amo i parchi a tema e visto che quando ero piccola, gli unici più grandi in Italia si trovavano sempre a chilometri di distanza da Latina, averne uno più vicino mi ha reso molto felice. Vi racconto un po’ cosa ho visto, magari se vi capita di essere nei dintorni di Roma, potete farci un salto, c’è da divertirsi!

Il Parco

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Veduta del Parco 

Rainbow Magicland è un parco molto giovane, aperto nel 2011, con temi che spaziano dalla magia (maghi, Winx), allo steampunk (rotelle, rottami, macchine a vapore, orologi vittoriani). Ci sono zone “acquatiche” (dove ci si bagna e parecchio) ma anche zone per i più piccoli e zone adrenaliniche per i più grandi. La mascotte è questo gattone che ricorda molto lo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie – Gattobaleno.

Acqua da tutte le parti

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Yucatan dall’alto!

Abbiamo iniziato il giro subito con Yucatan in uno scenario Maya, facendo un paio di discese in cui ci siamo inzuppati per bene – ma il caldo era asfissiante e siamo rinati dopo l’attesa per il biglietto lì fuori. Alla seconda discesa (quella di destra), credevo di sputare i polmoni visto che urlavo senza ritegno, tanto da aver pensato ma quando si scende? e anche ma perché mi diverto in questo modo!?  Uscita da lì, la mia schiena protestava, ma avevo solo iniziato, nulla mi poteva fermare!

Subito dopo, siamo andati sulle Rapide, a tema norreno tra i vichinghi. Saliti su un gommone circolare, ci siamo lasciati trasportare dalla corrente e fatti fare pure delle docce a tradimento.

Meno male che uno aveva il costume sotto ;).

Ottovolanti al sole e al buio

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Cagliostro, la Dark Ride (letterale)

L’Olandese Volante è stata l’attrazione che ho apprezzato di più, peccato per la fila sotto al sole: c’erano un paio di tendoni che facevano ombra dalla parte opposta della fila, perché si sa, i parchi a tema vogliono farti morire di caldo da regola. Per lo meno, saliti sui vagoncini, tutta quell’attesa ci ha ripagati! Sballottolati a destra e a sinistra – non a testa in giù – a tutta velocità, mi ha fatto venir voglia di rifarlo almeno altre due volte.

C’è la possibilità di salire a bordo con tanto di visore per la realtà virtuale da tenere con la mano sinistra (come hanno fatto alcuni): con la mia fortuna, l’avrei fatto volare via nella corsa, distruggendolo per sempre. Alla prossima, semmai!

Successivamente, siamo andati su Cagliostro, una Dark Ride. Ora, Cagliostro ha una storia particolare: mi innamorai perdutamente di questa giostra cinque anni fa. Appena ti sedevi, partivi a tutta velocità, girando sul tuo posto ed entrando in questo castello pieno di luci di colore diverso… Una discoteca!

Bene, ieri ci andiamo e che scopro? Beh, è una dark ride, no?

BUIO!

Buio pesto!

Per ripetere l’esperienza, sedetevi su una sedia da ufficio, chiudete gli occhi, girate su voi stessi e poi magari chiedete a un vostro amico di prendervi per le spalle e strattonarvi: ecco a voi Cagliostro 2018.

Spero davvero che sia stato un caso unico, altrimenti perde una parte della magia: chissà, forse il conte Cagliostro non ha pagato le bollette… Ciò nonostante, l’ho fatta tre volte, i sedili erano veramente comodi!

Huntik 5D

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L’entrata di Huntik 5D

 

Il videogioco dal vivo per eccellenza: entri, guardi il video di presentazione, ti metti gli occhialetti 3D, ti siedi sul vagoncino, prendi la pistola laser e spari a (quasi) QUALSIASI cosa. Ci siamo messi in fila e fortunatamente non c’era tanto da aspettare, così che ci siamo immersi nell’avventura.

I riflessi da video giocatrice mi hanno aiutata fino a un certo punto, visto che puntualmente sparavo verso i miei alleati (poveri) e perdevo 100, 200 punti a colpo. Scusate, piccoli amici, non era mia intenzione.

L’importante è vincere, no?

Maison Houdini

Oh, qui dentro siamo finiti davvero sotto sopra! Entrati al buio nella casa, abbiamo fatto la fila per andare dentro quello che abbiamo scoperto essere un ascensore: accecati dal sole che c’era fuori, eravamo tutti disorientati.

Scesi a -16 metri, una ragazza ci ha portati in una grande sala con delle panche affacciate su delle cattedre con sopra tante artefatti magici (palle di cristallo, ampolle, occhi, crani). Ci siamo seduti e la stanza ha iniziato a girare su sé stessa, facendoci rimpiangere di aver mangiato il pranzo poco prima.

Tra una risata e l’altra, mi sono girata alla mia sinistra perché un fastidioso bagliore mi distoglieva dall’illusione: c’erano tre ragazzine per niente colpite dalla giostra che se ne stavano su WhatsApp, in stato catatonico.

Non volevo crederci.

Ho pensato che forse, alla veneranda età dei 25 anni, mi emozionavo troppo.

Son tornata indietro di 10 anni quando andai a Fasanolandia in Puglia con la classe, divertendomi come una matta: il cellulare ce l’avevamo tutti, okay che non c’era la messaggistica istantanea, però vuoi mettere? Non ti capita tutti i giorni di andare su una giostra! 

Poi boh, chi sono io per giudicare?

Poco dopo, nell’ascensore, una delle ragazzine ha ricevuto una telefonata, rispondendo a gran voce: “Eh, no, ma’, non posso parlà, sto sulla giostra.” Se lo dici tu… Poi fammi sapere se Houdini ti ha dato il numero, abbiamo così tanto in comune io e lui (tipo la data di nascita), potrei seriamente andare a fare l’illusionista.

Comunque sia, se non ci sono cellulari a dar fastidio durante il giro, Maison Houdini è un’attrazione godibile per tutti. 🙂

Lo Shock mancato

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Entrata di Shock

No, non siamo saliti su Shock, il roller coaster più famoso del parco, ci tengo ancora alla mia salute fisica. Passare da 0 a 100 km/h? Non sono così coraggiosa, arg, ma se volete farvi venire i capelli bianchi, è perfetto!

Nella zona di Shock, tutto è a tema Steampunk, ci ho fatto parecchie foto! C’e anche la sala giochi e un bar.

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Lady DeXter, mia sorella, al lavoro!

Quindi

Che dire, se vi piacciono i parchi a tema, questo non ha niente da invidiare ai grandi nomi di Mirabilandia o Gardaland: certo è piccolino e qualche zona avrebbe bisogno di una ripassata di colore (sole e pioggia non risparmiano niente e nessuno). Inoltre, ci sarebbe bisogno di qualche spettacolo in più, oltre al Planetario o a quello di Peter Pan.

Speriamo che possa diventare grande negli anni!

Vi saluto, con la schiena incriccata ma felice.


 

Houdini comunque non ha WhatsApp, a quanto pare non è tecnologico, è un tipo più mentale… Sarà per un’altra volta.

 

Il Giorno Zero

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Inizialmente non era sicuro che lasciare il suo appartamento fosse stata la soluzione migliore, ma tra il restarsene chiuso in camera ad aspettare di morire per mano di qualche alieno e la possibilità di salvarsi, sicuramente non c’era storia. Svuotato il suo borsone dai libri, ci mise un paio di bottigliette d’acqua e dei pacchetti di patatine, prese il marsupio e poi fuggì di casa in fretta e furia. La situazione in città era critica: la gente si era riversata nelle strade, abbandonando le proprie case in preda al panico, urlando e piangendo terrorizzata. Fortunatamente, Kevin ancora non aveva perso la lucidità, nonostante la situazione del tutto surreale: un’enorme astronave aliena si era piazzata poco meno di mezz’ora prima nel cielo sopra il centro storico della Capitale Italiana. Per ragioni di sicurezza, la zona interessata era stata fatta evacuare perché nessuno sapeva che cosa sarebbe potuto accadere: l’enorme disco volante era alto nel cielo e sembrava fatto di metallo, gettando un’ombra sulle strade e sui vicoli sotto di sé. Da quando era arrivato però, non si era più mosso, restandosene fermo a mezz’aria completamente immobile.

Kevin tentò invano di telefonare ad Anna, una sua amica di studi conosciuta all’università, ma ovviamente le linee telefoniche erano intasate: senza pensarci due volte, decise di incamminarsi verso casa della ragazza, percorrendo le strade gremite di persone scese dalla propria auto o dai palazzi vicini. La polizia stava cercando di evitare il peggio: Kevin già aveva visto un paio di persone trattenute vicino ad una volante, perché a quanto pare avevano cercato di derubare un negozio approfittando del caos. Si tenne stretto il suo marsupio, cercando di accelerare il passo; era certo che Anna fosse a casa, perché erano solo le  cinque e mezza di pomeriggio e quel giorno non aveva lezioni all’università.

“La fine è vicina!” Un vecchio signore si era messo un giornale in testa e gridava la stessa frase in italiano, standosene in piedi accanto ad una edicola; strano ma vero, l’edicolante ancora non aveva abbandonato il suo posto e lo guardava truce. “Ma piantala, te senti? Me sembri scemo!”

Il vecchio si avvicinò al chiosco verde, aggrappandosi con forza alla collottola dell’edicolante, “quelli ci ammazzano, te lo dico io, ci ammazzano a tutti!”

L’edicolante si tirò indietro, staccandoselo di dosso; lo guardò truce, imprecando a gran voce. Kevin non ebbe difficoltà a capirli visto che si trovava in Italia per studio da quasi un anno: sarebbe tornato a casa ad Atlanta, Georgia, solo dopo due mesi… Ebbe un tuffo al cuore, pensando ai suoi genitori che con molta probabilità stavano nel loro letto al sicuro sul continente Americano, ignari di cosa stava accadendo.

“Veloci, gente, veloci, ma senza farvi male! Forza, da questa parte!”

Raggiunta Piazza del Popolo, Kevin sapeva come raggiungere casa di Anna. Osservò incuriosito la massa di gente che si accalcava davanti all’entrata della metropolitana A che era stata chiusa per ragioni di sicurezza.

“Perché è chiusa!?”

“Devo tornare a casa da mia figlia!”

“Devo passare! FATEMI PASSARE!”

La folla lì davanti scuoteva le inferriate ed urlava inferocita, mentre due uomini in divisa cercavano di calmarli, “per favore, signori, vi prego, seguite la folla, purtroppo non è sicuro prendere alcun mezzo, non sappiamo ancora nulla di quello che sta accadendo, vi prego…”

Kevin passò oltre, asciugandosi la fronte sudata, sperando di trovare la sua amica ancora in casa.

***

Mancava solo un ultimo livello e finalmente avrebbe finito anche quel videogioco, Demon Hunters Vol.5; la barra di caricamento stava per terminare, da lì a pochi secondi sarebbe divenuta la salvatrice del mondo…

“Anna, vieni qui,” sua madre le disse con un tono stranamente allarmato, “vieni, vieni, vieni, guarda la TV!”

“Proprio adesso? Non può aspettare?”

Sentì i passi della donna allontanarsi per andare furi al balcone, seguiti da un urlo: c’era decisamente qualcosa che non andava… Forse aveva visto un ragno? Una cavalletta le si era incastrata fra i capelli? Doveva controllare. Sbuffando, Anna mise in pausa il gioco proprio mentre il suo mago si preparava all’attacco e si alzò dalla sedia, andando da sua madre; stava per uscire fuori in terrazza quando buttò l’occhio alla TV. Il telegiornale stava trasmettendo le immagini di un enorme disco volante che si trovava piazzato proprio sopra il Colosseo, poco lontano da lì. Un fotomontaggio, pensò subito, un fotomontaggio fatto proprio bene.

“Mamma?”

Anna vide sua madre in ginocchio fuori al balcone, con gli occhi sgranati a fissare il cielo e le mani sulla bocca: non poteva crederci, ma c’era davvero qualcosa di enorme nel cielo azzurro, il disco volante della TV.

“Ma cosa…?”

Rimase a bocca aperta a guardare quella cosa, non credendoci per niente: si tolse gli occhiali per poi rimetterseli subito. “Non è possibile, no.”

Prese sua madre per le braccia, aiutandola ad alzarsi per farla tornare dentro casa, cercando di farle passare lo shock iniziale. Chiuse la porta finestra dietro di sé, facendo attenzione che sua madre non si lasciasse cadere a terra. Non sapeva perché ma Anna stava affrontando la situazione piuttosto bene. “Mamma, forza, dai, respira,” disse, dirigendosi verso il divano. La fece accomodare con dolcezza e le passò una mano fra i capelli.

“Le autorità non sanno ancora di cosa si tratti, ma l’oggetto sembra non muoversi e non sembra abbia un atteggiamento ostile, ovviamente non lo possiamo sapere ma-”

Anna sbuffò e spense la televisione: l’ultima cosa di cui avevano bisogno era sentirsi ancora peggio.

“Ah, ah, ah”

“Mamma?”

La donna aveva iniziato a ridere, il corpo scosso da piccoli singulti; fissò Anna con gli occhi pieni di lacrime, incapace di fermare le risate che la facevano tremare.

Il citofono suonò due, tre volte: sua madre trasalì, stringendosi nelle sue spalle. Si abbracciò nella giacchetta di cotone, guardandosi a destra e a sinistra. Anna andò subito a rispondere, “chi è?”

“Sono Kevin, fammi salire!”

Anna ebbe un tuffo al cuore nel sentire la voce dell’amico, aprendo subito il portone del palazzo: aprì la porta di casa e il ragazzo arrivò subito al secondo piano, facendo le scale due a due. La faccia era stanca, come se avesse corso per ore e ore. Nella tromba delle scale c’era un grande caos: i suoi vicini di casa stavano abbandonando i loro appartamenti vestiti alla meno peggio, chi con il cane in braccio, chi con una borsa di fortuna in spalla.

Erano tutti impazziti?

“Hai visto?” Kevin biascicò in un italiano quasi incomprensibile, “visto che roba?” Entrò nell’ingresso, chiudendo la porta. Anna lo fece sedere sul divano, accanto a sua madre che ancora non si era ripresa del tutto: anzi, sembrava non essersi accorta affatto che qualcuno fosse entrato in casa. Si stava ancora abbracciando e si era fatta piccola piccola sul suo posto, sembrava una bambina.

Kevin la guardò preoccupato, “è tua mamma?”

Anna annuì e sospirò, “è così da quando è uscita a guardare quella cosa nel cielo.” Bel modo di conoscersi, davvero.

Dalla strada si udiva il rumore della folla che si ammassava nelle strade, il suono dei clacson che non cessava, i cani che abbaiavano allarmati: la città era veramente impazzita.

“Cosa facciamo? Dove andiamo?” Kevin chiese, mentre riprendeva fiato. Non si era neanche tolto lo zaino di dosso. “Lasciamo Roma? Non sapevo cosa fare, così ho pensato a te, non potevo lasciarti sola…”

Anna si morse il labbro inferiore, incrociando le braccia al petto; riusciva a sentire dalla sua camera la musica di sottofondo del videogioco messo in pausa, la sua quotidianità che l’attendeva nella sua stanza. Sarebbe stato semplice lasciare tutti lì nel salotto, chiudersi in stanza a chiave e dimenticarsi della gigantesca cosa spaziale nel cielo. “Possiamo restare qui,” mormorò Anna, “possiamo aspettare, magari qualunque cosa sia se ne andrà senza fare troppo rumore, no?”

Kevin strabuzzò gli occhi, incredulo, “ma stanno evacuando il centro città!” Si alzò in piedi, passandosi le mani fra i capelli spettinati, “non sappiamo quello che può succedere! Non possiamo restare qui!”

“Appunto, l’hai appena detto te, non sappiamo niente,” Anna aveva deciso: non si sarebbe mossa da casa sua, nemmeno se fosse arrivato un terremoto. “Non posso lasciare casa, non con lei in questo stato,” si sedette vicino a sua mamma, mettendole un braccio intorno alla schiena e stringendola al suo corpo per calmarla. La donna non rideva più ma sembrava come se fosse entrata in uno stato di shock, paralizzata dalla paura. Kevin non poté fare a meno di sentirsi come un intruso in quel momento: se ne stava lì in piedi con il cuore che ancora batteva all’impazzata a fissare le due donne, incapace di poter dire o fare qualcosa per poterle aiutare. Il solo pensiero di dover lasciare la sua amica lì da sola lo faceva stare male. “Anna, per favore, venite via con me,” cercò di essere il più convincente possibile, ma risultò solo patetico alle sue orecchie. Anna non si girò nemmeno, “vai,” gli disse, “ci sentiamo quando tutto è finito, okay?”

***

Kevin si detestò quando scese le scale del palazzo di Anna, tornando di nuovo in mezzo alla strada; guardò in alto verso il balcone della sua amica e sperò con tutto sé stesso che le cose fossero andate diversamente. Non l’aveva seguito e lui era da solo a Roma in preda al panico totale. Prese a camminare, asciugandosi due lacrime solitarie che gli erano scese giù per le guance, fissando lo sporco marciapiede. In lontananza, le sirene dei vigili del fuoco e della polizia rimbombavano nei vicoli e nelle strade, si perdevano nel caos della folla in fuga…

Erano quasi le sei di sera: Kevin non poteva sapere che entro pochi minuti, solo il centro di Roma sarebbe stato risparmiato dalla distruzione della minaccia aliena.