Negozi che riaprono: code, mutande e mascherine (eh? Ma dove?)

Ralph Wiggum Reaction GIF
*Ride* Sono in pericolo, commessi che devono tornare nei negozi a lavorare dopo mesi di chiusura.

Domani riaprono grandi catene di negozi in Inghilterra, Irlanda e Nord Irlanda: per quanto riguarda la Scozia e il Galles, ancora si aspetta la decisione del Parlamento e dell’Assemblea locali.

Non ci vorrà molto, mi aspetto di tornare nel covo di germi in negozio sanificato e purificato con il fuoco entro fine mese, ma chissà.

Con questo non significa che alcuni negozi non abbiano già riaperto nei scorsi giorni: Penneys (Primark nel resto dell’Europa) nota catena di abbigliamento irlandese, ha riaperto le porte degli store a Cork, Limerick e Dublino.

Le scene sono state le seguenti, riprese e postate su Twitter (basta una ricerca sul social riguardo Primark e ve ne verranno fuori un po’, giusto per farvi un’idea dell’isteria di massa):

 

Ora, io capisco che dopo 3 mesi senza mutande uno magari avrà anche iniziato ad indossare foglie di fico, capisco che magari si siano distrutti tutti i pigiami a forza di indossare solo quelli chiusi in casa davanti Netflix…

Ma c’è bisogno della ressa stile fine del mondo? Code lunghe isolati senza rispettare la distanza di sicurezza, senza mascherina, uno sopra l’altro? 

I negozi stanno riaprendo per non richiudere, per lo meno quello è il loro intento.

Non c’è fretta.

“Ma quella è l’Irlanda! Che ti frega!”

Come se in Regno Unito le persone siano diverse solo perché cambia bandiera e c’è una regina da qualche parte in quaratena, protetta sotto una campana di vetro con il marito defunto.

E non parlo solo di Penneys-Primark, parlo di tutti, pure del più fetente dei negozietti nascosti nelle viuzze ottocentesche; sanificheranno i pomelli delle porte dei bagni, così da potercisi specchiare o leccarli se quella è la vostra debolezza.

Basta che compriate, orsù, in barba al virus.

I commessi avranno le mani incartapecorite dopo aver passato gel antibatterico almeno 100 volte al giorno, dopo ogni singolo tocco di unghia, mignolo, transizione con cliente. Cliente che non avrà la mascherina, che magari tossirà contro il grande schermo di plastica “perchè tanto viene pulito dal commesso coff coff visto che è il suo lavoro coff coff.”

La vita sarà diversa per un po’, dicono le e-mail aziendali, le carte fedeltà del supermercato, i cinema e pure le ditte di pulizia delle scale condominiali. Siamo forti insieme, ne usciremo migliori!

Mmm.

Se devo tornare in lockdown per colpa di due mutande, dico solo che se le meritano le foglie di fico.

Alla prossima.

Screenshot_20200614_124511_com.twitter.android.jpg
Sembra che gli amici che hanno torto su tutto, hanno di nuovo torto su tutto, tweet che spiega la situazione attuale. Speriamo bene.

Everything Wrong With, i peccati dei film

CinemaSinsLogo.png
Logo da Wikipedia

Siete quelle persone che non riescono a tenere la bocca chiusa durante la visione di un film, dovendo commentare ogni singola scena e attore? I vostri amici e parenti vi devono legare alla sedia ed imbavagliare per guardarsi qualcosa alla TV in santa pace?

Bene, allora esiste il canale per voi. Niente più occhiatacce e sospiri!

Non so se ne avessi già parlato o meno tempo fa, ma ci tengo a segnalarvi su Youtube il canale di CinemaSins.

Il loro motto è No movies is without sin, nessuno film è senza peccato: che siano errori di scena, presenza di attori di nicchia, storie assurde, non importa! Nessun film viene risparmiato, perché anche l’opera più premiata nel mondo del cinema può avere dei difetti.

Il concept di ogni video è molto semplice: il titolo è sempre Everything Wrong With e la voce del narratore commenta sarcastico le scene dei film, contandoli come sins, peccati.

E se non siete fan di film, il team di CinemaSins carica settimanalmente anche video sulle serie TV e video musicali: insomma, ci sono ore e ore di divertimento.

Per chi non mastica perfettamente l’inglese, niente paura! Ci sono i sottotitoli integrati che per lo meno permettono di seguire il narratore.


“Ah, ma quindi è questo il modo in cui procrastini.”

Forse.

#Heatwave, l’ondata di caldo che ha sciolto il mondo

L’ondata di caldo anomalo che si è abbattuto sull’Europa pare che stia per terminare: o meglio, dove fa caldo di norma continuerà a farlo, mentre i gradi in nord Europa scenderanno un po’. Ma va tutto bene, no? Mica ci sta un problema di surriscaldamento globale, nah, sono tutte cavolate del web. Sono fake news, non c’è stato un caldo anomalo ieri, ma che cosa dite.

#Heatwave

Diciamo che le temperature sono impazzite:

  • Parigi ha toccato i 42° di pomeriggio;
  • Londra è arrivata a 38°;
  • sia in Olanda che in Belgio le temperature sono arrivate a 40°.

Edimburgo ha raggiunto i 28° il che non sembrerebbe chissà che cosa se confrontato con le altre città, ma è pur sempre un problemone. In Scozia si sono sfiorati i 30°, quando la temperatura media estiva sarebbe intorno ai 18° (se arrivasse a 20° si farebbe festa rara).

Tutti quei numeri che ho scritto sopra, non sono normali. Sveglia, mondo.

Mi veniva un po’ da ridere a vedere queste persone in preda al panico qui in UK morire di caldo, quando un giorno in gita a Roma credo di aver sentito anche 45° e oltre. Ma anche di notte a cercare di dormire nel lontano caldo record del 2003, quando a soli 10 anni credo di aver capito cosa significasse boccheggiare.

C’è da dire però, che queste persone non sono abituate al caldo estremo come magari potremmo esserlo noi. Sia chiaro, io ho sempre detestato il caldo, ma sapevo che in estate prima o poi sarebbe sempre arrivata la mazzata. Se vivi in certi luoghi sei abituato all’idea, incrociando le dita che non ti faccia pentire di essere nato (sì).

I paesi freddi non sono attrezzati ad affrontare la calura estiva come quelli caldi. I bus sono dei forni su quattro ruote, la case scure e con il tetto spiovente sono fatte apposta per trattenere il calore all’interno; non esistono i nasoni in giro per i parchi, quindi niente fontanelle in città dove poterci ficcare la testa e rinfrescarti.

Non parliamo poi se si vuole aprire una finestra di sera! Zanzare ovunque assetate di sangue, finendo per lanciare ciabatte in giro per le stanze sperando di beccarle una volta per tutte. No, non ci sono le zanzariere, o per lo meno nel mio quartiere sembrano essere un optional radical chic: qui in casa abbiamo messo una rete da appendere davanti alla finestra, più inutile che altro. Da fuori pare un velo di una sposa fantasma.

“Fa freddo in Scozia” – Qualcuno parlando del freddo della Scozia che non c’è.

Rappresentazione  chiara del nostro mondo.

Eppure basterebbe che i grandi potenti della Terra mettessero da parte le loro avidità da piccoli uomini per pensare al bene comune una volta per tutte. Viviamo su questo puntino blu perso in un vasto universo sconosciuto e che ci facciamo?

Lo facciamo diventare un accendino.

I poli si sciolgono, tra un po’ andremo al mare in Islanda a fare castelli di sabbia in bikini. Gli Oceani diventeranno brodi primordiali dove cucinarci la zuppa, l’aria irrespirabile.

Come si dice in islandese, siamo fregati? 

CATS, dal musical al film col pelo fatto al PC

Cats è uno dei musical di Broadway più famosi al mondo: andò in scena per la prima volta nel 1981 e nel corso del tempo ha raggiunto un successo smisurato. Musicato da Andrew Llyod Weber (lo stesso del musical Il Fantasma dell’Opera e Jesus Christ Superstar) sui testi di Thomas S. Eliot, è un’opera in due atti.

La storia racconta dei gatti (cats, appunto) del quartiere di Jellicle che si incontrano tutti insieme per un ballo annuale e festeggiare Old Deuteronomy, il vecchio gatto capo. Ogni gatto ha una sua personalità e storia che risuona tra canzoni indimenticabili:

  • Jellicle Songs cantata da tutti i gatti del quartiere, si presentano al pubblico, sono capaci di fare tutto (Parte 1 e Parte 2);
  • Memory, cantata dalla vecchia gatta Grizabella, ormai non più giovane e affascinante come una volta (Video).

I costumi ed il trucco trasformavano gli attori in gatti, senza però farli sembrare snaturati: come dei circensi, volteggiano sul palco e lo spettatore restava rapito dalla bellezza della scena.

1484274048932.jpg
Cats da Broadway, notare il trucco e i vestiti.

Peccato che poi arrivarono i rifacimenti al cinema e si rischia di esagerare.

Anzi no, di toppare in pieno.

Adesso vi spiego di cosa sto parlando, poi giudicate voi.

Cats –  Il Film

Avevo letto qualche anno fa che fosse in cantiere l’idea di un rifacimento del musical Cats da portare al cinema. Solitamente, io sono per l’idea che se un musical nasce a teatro, sempre a teatro dovrebbe restare: preferirei la registrazione ufficiale di uno spettacolo piuttosto che vederne il film ispirato.

Poi, oh, se il film riesce bene, tanto di cappello: Il Fantasma dell’Opera del 2004 è un esempio (sempre secondo il mio modesto parere).

Comunque sia, ieri sera guardo Facebook e vedo sulla pagina di Sir Ian McKellen il fantomatico trailer di Cats.

Clicco play.

Il video scorre davanti ai miei occhi.

Guardo i personaggi.

Taylor Gatta Swift nel suo nuovissimo video? No. 
Jason Micio Derulo che sta avendo qualche problema alla faccia.

E niente, non ce la faccio.

Francesca Hayward interpreta Victoria, la gatta. Brr.

Non sono gatti, ma non sono nemmeno persone: cosa c’era di brutto nel trucco e parrucco vecchio stile di Broadway? Faceva troppo “carrozzone di Carnevale” per essere moderno? Non era all’avanguardia? Il corpo di questi cosi qui sopra mi inquieta: le orecchie realistiche, la coda, le curve tipicamente femminili o maschili accennate sotto il pelo aggiunto al computer…

Sono questi i momenti in cui mi chiedo se gli effetti speciali siano una benedizione del cinema.

No.

Direi proprio di no.

I grandi nomi dovrebbero essere sinonimo di qualità: c’è Ian McKellen, Judi Dench, Idris Elba, i cantanti Jason Derulo, Taylor Swift e pure il presentatore inglese James Corden.

Allora vorrei domandare a chi di dovere: se hai questo pantheon di nomi stellari, cosa ti ha spinto ad usare la CGI per creare i corpi pelosi?

Hai fatto realizzare le scenografie, finestre e porte enormi dal punto di vista di un gatto, visto che ci stavi compravi una calza maglia per tutti e passava la paura. Ci risparmiavi, andavi al mercato e avevi finito: ci si trova la roba per le recite scolastiche, potevi pure farci un salto.

Guarda che bello il trucco della produzione di Broadway, non puoi dirmi che non fosse consono per un film:

Espressivo, realistico, per niente fuori moda. Questo è un gatto.

Quindi?

Capisco che nel 2019 si voglia usare più tecnologia possibile, ma a volte la semplicità è la scelta migliore nel cinema. Per fare un esempio, il regista Guillermo Del Toro con il suo film La forma dell’acqua – The Shape of Water (4 Oscar e Vincitore del Leone D’Oro di Venezia nel 2017) ha mostrato chiaramente come il trucco sia un’opzione del tutto moderna e di successo che ti lascia a bocca aperta.

L’attore Doug Jones dietro le quinte de La forma dell’acqua. Restava con il trucco ed il costume per almeno 16, 17 ore al giorno! Qui il trailer del film.

Con questo, passo e chiudo.

Guardatevi il musical prima del film, almeno al cinema (se ci andrete) potrete tirare le somme. Qui trovate il link al trailer del film Cats su YouTube.

Se sei energetico come una bevanda…

Sei energetico? Hai passione per il nostro marchio? Ami le persone? Ogni giorno è un giorno nuovo, ti svegli con il sorriso sulle labbra? Bene, allora questo è il posto di lavoro che fa per te! Unisciti alla grande famiglia di (INSERIRE QUI IL NOME DELLA COMPAGNIA), dove conoscerai tante belle persone come te! Ti aspettiamo! Forza, non perdere tempo! 💼

Mi chiedo che cosa intendano con “energetico”. Mi viene in mente la pubblicità della Red Bull che ti mette le ali, ma non credo che per affrontare la gente al di là del bancone ci sia bisogno di puzzare di ciliegia, figuriamoci possedere due ali piumate da angioletto.

Ti chiedono di allegare curriculum zeppi di conoscenza ma che mancano di esperienza verificabile. Sai quanto frega a John Smith che hai studiato per 20 anni, se non sai usare la cassa e non spiccichi due frasi davanti a uno sconosciuto, puoi anche andare a comprarti la famosa Red Bull con i tuoi risparmi. Con buona pace del ti aspettiamo! scritto nell’annuncio di lavoro.

Sbatti la testa sulla tastiera per scrivere pure la tanto odiata cover letter (lettera di presentazione), dove devi dire perché tu voglia lavorare con loro: essere troppo onesti fa male a te, esserlo poco ANCHE. Non ne esci vivo, quindi scegli una via di mezzo. Li fai sentire importanti, racconti di quella volta in cui nel lontano 1800 andavi a raccogliere le ciliegine con i cugini di terzo grado e facevi finta di venderle ai peluche a casa. Sorvoli sul fatto che usassi lo scanner della cassa giocattolo come una pistola laser, dimenticandoti di scansionare la spesa del povero pupazzo guercio in coda: probabilmente il Signor John Smith di turno non desidera un criminale nel suo negozio. 🍒

Quindi, per fargli vedere quanto sei bello, bravo, casto e puro, richiedi pure la fedina penale, dove per fortuna non risultano le carte dei Pokémon prese in prestito alle elementari o le penne bic mangiucchiate trovate sotto i banchi. 😇

Se ti va bene, mandi tutto via e-mail ed incroci le dita; altrimenti, ti tocca fare i questionari che spaziano dal “cosa faresti se il bagno si rompesse e tu fossi l’unico dipendente presente nel negozio” o “perché vuoi lavorare proprio proprio proprio con noi” a “con quale aggettivo ti rappresenti di più fra i tanti che descrivono la nostra compagnia.”

Risposte:

  1. Mi siedo per terra e mi metto a piangere mentre il negozio viene inondato da litri di acqua grigia mista alle mie lacrime amare, davanti ad un povero cliente in panico;
  2. Offrite lavoro, se lavoro mi pagate;
  3. Energetico, che domande! Perché? Bevo tante bevande multicolore che fanno male alla salute, vale come prova per far vedere che mi sono integrato con il posto? Mangio la famosissima dieta anglosassone a base di patate, cheddar, cibi da riscaldare nel forno a microonde confezionati in TONNELLATE e TONNELLATE di plastica!

Troppo poco onesta? Mi sa di sì.

Maccaroni and cheese (ovvero la famosa pasta e formaggio) se la magnano loro, con buona pace di John Smith.

Volo via.

Una festa dopo l’altra: it’s the old consumismo, baby

Quasi un mese dopo Natale, fioccano nuove decorazioni in giro per i negozi: cuoricini di cartapesta, fiocchi rosa e rossi, confetti luminosi appiccicati alle vetrine. Di che sto parlando? Ma di San Valentino, ovvio!

La festa degli innamorati che cade il 14 Febbraio di ogni anno, non l’ho mai vista così esasperata nei negozi di una città: forse a Roma, ecco, e di sicuro mai nella piccola Latina. Okay, forse c’erano un paio di cuoricini mezzi fatti in qualche negozio di mutande (ah), poi al McDonald’s sul soffitto sopra le casse, ma per il resto passava inosservata. I primi di Febbraio vedevi confezioni di Baci e cioccolatini ipercalorici con dentro bigliettini tristi, qualche peluche con gli occhi disperati e finiva lì.

A scuola le ragazzine che leggevano Cioè si compravano la rivista e si consolavano con il regalo: poteva essere un portachiavi a forma di cuore, un bracciale, una collanina, ed era il massimo che potevi ricevere per quella festa. In seconda media ricordo ancora almeno cinque o sei ragazzine di classi diverse con lo stesso bracciale-amore che mi lasciò perplessa. Poi vabbè, non le potevo mica biasimare: se la mattina eri costretta a guardare scene alla 3 Metri Sopra il Cielo, con fiori, promesse di amore eterno e quant’altro, le capivo. Con quel braccialetto ti tiravi un po’ su, fantasticavi sulla tua cotta e magari fingevi pure che te l’avesse regalato il tuo “lui” speciale che ancora non avevi a 13 anni (come se poi non lo si sapesse che fosse un regalo di plastica di Cioè, ce lo vedevo Riccardo Scamarcio in edicola, sicuro).

castle-505878_960_720
Ah, l’amore! (Citazione Necessaria)

Certo, c’è anche da dire che il massimo del romanticismo era andare ad attaccare un lucchetto ad un palo della luce su Ponte Milvio a Roma: una della mia classe ci andò con il fidanzatino del tempo, saltando scuola di sabato, tornando il lunedì con il suo flip-phone pieno zeppo di selfie (che ancora non si chiamavano così) da far vedere a tutta la classe. Sembrava chissà che impresa avesse compiuto. Alcuni ragazzi lo fecero anche a Latina, al pontile sul mare, dove misero un catenaccio e qualche lucchetto. A contatto con l’aria salmastra tutti i giorni,  vi dico solo che il relitto del TITANIC oggi è messo meglio. Adesso non ci sono più, ma hanno lasciato un segno di ferro indelebile intorno al marmo.

Ah, che ricordi!

Ma sto divagando, ops.

I rimasugli di Dicembre e i nuovi arrivati innamorati

Andando a fare la spesa qui ad Edimburgo, nello scaffalone dove fino a un mese fa c’erano decorazioni di Natale, adesso ci sono bigliettini rosa, cuori piccoli, giganti e di media grandezza. Le frasi all’interno sono quasi sempre le stesse, fra “To my dear husband” e “To my lover” oppure “I Love You”. I disegni confettosi ti prenotano una visita dal dentista per farti togliere quella dolorosa carie, che ti è spuntata nel momento esatto in cui hai aperto il biglietto.

Un po’ più in là, sdraiati e stanchi della loro vita, ci sono dei mega orsacchiotti di peluche accasciati l’uno sull’altro: mi sono immaginata il povero addetto che li ha dovuti impilare in quello spazio e non lo invidio affatto. Uno degli orsi è messo al contrario, con la testa ficcata tra due compagni pelosi. Che violenza.

Buon San Valentino a te.

Comunque sia, sapete quanto sono durati? Nemmeno un paio di giorni, ce ne sono rimasti 2.

2 miseri orsi.

Lo scaffale vuoto.

Sono rimasta a bocca aperta.

Ma questa festa è davvero così sentita?

Risposta? Sì. Porta soldi e alla gente piace, fattene una ragione.

Alla fine c’è poco da lamentarsi: come se San Valentino fosse l’unica festa commercializzata al mondo! Diamine, sono io la prima che cerca di vendere appiccicandomi alle Feste (della serie, il mio ultimo libro aveva poco a che fare con Natale).

Probabilmente è tutto soggettivo: non l’ho mai festeggiata, né prima a scuola, né adesso con Fidanzato – e Fidanzato c’era anche quanto andavo a scuola, quindi sono almeno 8 anni di San Valentini non festeggiati. Doh!

Nota Positiva?

Se questa festa permette a qualcuno di essere buono con l’altro, di esprimere i suoi sentimenti… Beh, ben venga insomma, ma spero per lui che poi lo sia tutti i giorni, altrimenti sai che tristezza? Altro che gli orsi di pezza depressi nel supermercato. Quelli per lo meno se ne stavano in compagnia.

Voletevi bene sempre, che è molto meglio.

Buona continuazione, gente.

Alla prossima!


Fonte Immagini: Wikipedia e Pixabay 

La Tempesta (in ciabatte)

Ti dici, andiamo al mare, manca poco alla partenza, poi te lo scordi! Okay ma piove, allora che fai? Giri per la città in cerca delle ultime robe utili per l’espatrio e te ne fai una ragione.

Un lampo squarcia il cielo, seguito da un rumore sordo di un tuono.

Perfetto.

Vabbè, dai, ci metti poco tempo: vai al negozio di articoli sportivi.

Inizia a piovere e sei sotto l’acqua, non senti nemmeno i tuoi pensieri da quanto forte la pioggia batte sul tettuccio della macchina.

Non si vede più nulla, le luci dei semafori e delle auto si confondono e credi di essere su un brutto set di un film apocalittico di serie F: ti aspetti che spunti il tipico tornado fatto al PC per portarti via, ma fortunatamente non c’è.

Arrivi al negozio che ovviamente non ha posti al coperto, ma solo un grande spazio di cemento.

Parcheggi.

L’acqua cade così forte che il solo pensiero di dover raggiungere la porta d’ingresso ti inzuppa.

(Segue una discussione con il resto dei passeggeri in auto.)

A – Prova ad aprire la porta.

L – Che? Come? E poi?

E – Usiamo l’ombrello, proviamo.

Guardi giù per terra appiccicando la faccia al finestrino ghiacciato e per un attimo hai l’impressione di essere su una nave, più che su una macchina: ecco qualche pesce saltare per le strade, pronto a conquistare la terra ferma dopo anni ed anni di solo mare. Quanti centimetri d’acqua saranno? Uno, due, tre? Forse sei davvero in un film apocalittico.

Finisce che opti per andare al centro commerciale più vicino e dopo un’oretta, il sole fa capolino, le nuvole si diradano; se non fosse per le pozzanghere grosse quanto piscine, nessuno penserebbe mai che sia appena passato il diluvio universale.

E dopo tutto questo, ti mancano ancora le scarpe per la pioggia, perché siamo pur sempre ad agosto.

Che ci fa, andiamo in ciabatte.

Andiamo bene…

Tipi da Spiaggia

mare1
Lido di Latina

Con l’estate, le spiagge italiane vengono invase da gente di tutti i tipi: avete mai fatto caso a quanto si somiglino fra loro? Famiglie, adolescenti, bambini, hanno tutti dei comportamenti simili da Nord a Sud e stai sicuro, li incontrerai ogni anno in un modo o nell’altro.

Vediamone insieme alcuni, per amore della ricerca.

I pensionati

Generalmente si spostano in coppia, arrivando presto alla spiaggia: alle otto e mezza del mattino è già troppo tardi. Parcheggiano la macchina vicini vicini al marciapiede, così da non dover fare troppa strada in salita sulla duna di sabbia. Alcuni mettono l’ombrellone quasi nel mare, tanto che a volte un’onda anomala se li porta via. L’esemplare femminile può presentarsi con indosso un pareo, un cappello di paglia e degli occhiali scuri che le coprono metà faccia; l’esemplare maschile non è così sofisticato, con i suoi pantaloncini e camicia sbiaditi dal sole che tira fuori una volta l’anno per andare al mare. Mentre lei prende il sole sul suo lettino, lui legge il giornale o fa il cruciverba (oppure fa il cruciverba DEL giornale). La loro giornata si conclude o prima di mezzogiorno (il sole è troppo caldo per il pensionato) oppure nel tardo pomeriggio (per i più temerari).

Gli adolescenti

I più giovani si spostano in un branco costituito da cinque a cinquecento più persone. Arrivano spostando tonnellate di sabbia con il loro passo strascicato, ridendo e scherzando, cercando il posto più adatto dove accamparsi. Nel migliore dei casi, si fermeranno a mezzo metro da voi, stendendo i loro teli da mare  alla meno peggio l’uno accanto all’altro. Non hanno l’ombrellone, se non in rari casi in cui uno del gruppo non può assolutamente stare troppo tempo a cuocersi sotto al sole, così fa il sacrificio di portarlo: puntualmente, l’ombrellone si romperà nel tentativo di aprirlo. Ragazzi e ragazze vi allieteranno con le loro canzoni preferite, che ovviamente non saranno le vostre (a meno che non vi piaccia il rap italiano di oggi, allora nessun problema). Arrivano quasi sempre dopo le dieci e mezza/undici, abbandonando la spiaggia solo al tramonto e dopo mille un paio di partite di calcio e a UNO.

La Coppietta

Loro sono gli innamorati della spiaggia, si amano solo loro nel raggio di cinque km di litorale: attenti. Solitamente arrivano mano nella mano, dopo aver raggiunto la spiaggia con le loro mountain bike (utili sulla sabbia) o con la Smart (perché sono loro due, basta). Muniti di un telo mare a testa, lo posizionano nella zona più cocente senza nemmeno uno straccio di ombrellone: non ne hanno bisogno perché loro non sono come noi. Lei ha un’abbronzatura da dea greca già dai primi di maggio, lui pure: i loro corpi sono statuari e vi faranno venir voglia di mangiare un cornetto ripieno alla Nutella solo per sfregio. In acqua li potrete distinguere chiaramente dalla massa, avvinghiati in un abbraccio eterno e cullati dalle onde e dagli schiamazzi del gruppo di adolescenti di prima.

La Famiglia con Bambini

Ci sono vari tipi di famiglia: madre-nonna-bimbo-di-turno, madre-padre-bimbi, madre-padre-zii-cugini-nonni-trisavoli-amici-tizio-caio-sempronio, ma le dinamiche sono sempre quelle. Generalmente, i bambini di età inferiore ai cinque anni si rotolano nella sabbia, mangiandola, infilandosela ovunque, solo per fare dispetto alla madre; camminano avanti ed indietro portando secchielli pieni d’acqua pesantissimi per le loro braccine da bebè; raccolgono conchiglie, piume di gabbiano, sassi e perfino sigarette, svolgendo un lavoro utile alla comunità.

I bambini più grandicelli si dilettano nel costruire classici castelli di sabbia, nel passare 12 ore in acqua oppure nel cercare di convincere il genitore di turno a farsi dare il cellulare per giocare all’ultima App di tendenza. Aspettatevi capricci.

A turno, madre o padre, sono attaccati al cellulare per catturare ogni singolo respiro dei loro pargoli, che sia fare una foto, un video, un audio, una ditata sullo schermo oliata di pizza. Quando è ora del bagno, l’adulto incaricato (il più sfortunato) ci lascia i polmoni nel gonfiare braccioli, ciambelle e troni di Frozen galleggianti: la prossima volta, ci si ricorda della pompa.

Le famiglie si organizzano per restare al mare al più lungo possibile, portandosi primo, secondo, contorno, caffè, ammazzacaffè, merenda, per poi svaligiare il bar dello stabilimento più vicino. Quando potete avvistarli più facilmente? Nei weekend e ad agosto.

Extra: Il Fumatore

Il Fumatore si stanzia dietro di voi, accendendo la sigaretta nell’esatto momento in cui ve ne state sdraiati a terra a prendere il sole, pensando ah, che bella l’aria di mare! Può far parte di ogni gruppo, visto che fumano tutti ormai. Nella maggioranza dei casi, lascia la cicca in giro, ignaro del fatto che qualcuno possa andarci sopra con un piede nudo e maledirlo fino alle sesta generazione.

Quindi…

Non si smette mai di imparare, eh? E ce ne sarebbero di storie da raccontare! Ma per adesso, possiamo metterci un punto. Alla prossima.

 

File, queste sconosciute!

Io credo nella fila. Io vengo dopo di te, tu vieni dopo ti me, lui viene dopo di noi, etc, etc, etc. Chi è l’ultimo? Numero? Grazie, aspetto qui. Adesso, non importa che ci si trovi in fila alla cassa di un supermercato, di una copisteria, una segreteria di una scuola, alle poste, dal medico: ci sono sempre dei soggetti che sanno di dover esistere per romperti l’anima. Sì, dico proprio A TE, che credi nell’ordine e nella civiltà.

Vero, a volte sembrano non terminare mai, eppure ci possono evitare tanti incidenti e litigi che altrimenti sarebbero all’ordine del giorno.


Una giornata qualunque, in una città qualunque

Prendi le tue cose, fai mente locale (latte, pane, uova, okay, ho tutto), ti metti in fila nel piccolo negozio sotto casa perché pensi, ehi, non mi va di andare fino al supermercato per due cose, posso farcela, ho solo un paio di personcine carine davanti. Ho pure il numero! 

Sbagli di grosso, mio caro avventuriero.

“Spiacenti, signori, il numero non funziona,” dice la povera commessa dietro al banco, indicando il numero digitale dietro di lei fermo a 99. Ah, mannaggia. “Chi c’era?”

Vabbè, non sarà una tragedia, pensi sempre fiducioso, siamo pochi, ce la posso fare.

Eh, no! Perché ecco che arriva lei: la signora con il cagnolino isterico al guinzaglio, occhiali da sole neri cerchiati che le coprono mezza faccia e le unghie curate che ricordano degli artigli. Oh, chi sono io per giudicare, pure Crudelia De Mon deve fa la spesa, no? Va bene. Prende un paio di cose al banco e poi si mette accanto a te, né troppo avanti, né troppo indietro.

Fin qui tutto normale.

La signora davanti a te si fa dare i suoi panini e il suo prosciutto cotto, paga e se ne va senza troppi problemi: saluta pure col sorriso, che è raro di questi tempi. La campanella tintinna e proprio quando stai per avanzare e parlare con la commessa, ecco che non la vedi più. La vista ti si annebbia, ora non c’è più il volto di una giovane donna pronta a servirti, ma una matassa di capelli tinti: Crudelia De Mon ti si è messa beatamente davanti, perché mi dispiace dirtelo, tu non esisti.

“Che ce li avete i panini all’olio tondi tondi?”

La voce sovrasta pure la musica pop alla radio e tu ti fai da parte, per paura di mangiarle i capelli. Strano che pure il cane non ti abbia preso per soprammobile: potresti inventarti un lavoro nuovo, il soprammobile umano nei minimarket, visto che adesso ti sta riuscendo molto bene.

Guardi la commessa dietro al banco che ti guarda con pietà e allora, sì, sì, esisti, non sei un fantasma!

“Ehm, Signora, scusi, c’era la ragazza prima di lei…”

Crudelia si volta di scatto e ti guarda dall’alto al basso. Lo sapevo, pensi, ho dimenticato di mettermi i pantaloni, sono senza scarpe, ho un ragno in testa, mi è rimasto del dentifricio sulla faccia.

Le sorridi, annuendo, “eh, sì, Signora…”

No, mi dispiace, non puoi fare nulla: Crudelia ti affonda con una sgrullata di spalle e si rigira a guardare la commessa.

“Ah, vabbè, ma tanto faccio presto! Ce li ha questi panini?”

Nel frattempo, ci sono altre due persone che sono entrate ed assistono alla scena; il cane fiuta il negozio, forse alla ricerca dell’educazione della sua padrona che le è caduta quando è entrata.

La commessa combatte: può cercare di mantenere l’ordine o soccombere alla donna. Tu capisci di dover intervenire e cerchi di essere il più gentile possibile. Ti schiarisci la voce, avanzi verso il banco e poggi le tue cose accanto alla cassa.

Ora sei faccia a faccia con la donna. “Signora, mi scusi davvero, ma c’ero prima io, il numero non funziona…”

Per Giove!

Il sole si oscura, un tuono scuote l’intera città. Le persone gridano pietà, pietà, pietà, il cane emette un guaito dinnanzi alla metamorfosi di Crudelia. L’Apocalisse inizia in un minimarket, stai per essere giustiziato.

“Che modi! Io faccio subito, l’ho detto prima, pago i miei panini e me ne vado!”

Capisci che non c’è nulla da fare. La commessa la serve solo per farla uscire dal negozio al più presto, mentre scuoti la testa e ti guardi con gli altri clienti in silenzio.

Crudelia paga, sistema il portafoglio nella sua borsetta e se ne va, tirandosi dietro il povero cane.

“Scusami,” dice la commessa sconsolata, “avevi ragione, ma non se ne andava più…”

Povera commessa: dopo una giornata a trattare con i pazzi, rischi di diventarlo pure tu.  Alla fine non te la prendi, perché per lo meno ora è il tuo turno e te ne puoi andare. Sei consapevole di essere una persona migliore, almeno in parte.

Il sistema delle file è stato sconfitto anche oggi, ma non perdi la fede, non ancora.

Ripeti il tuo credo, mentre torni a casa con la busta piena:

io non supererò mai nessuno,

rispetterò la fila,

aspetterò il mio turno

e non renderò la vita degli altri miserabile.

Il sole è tornato, per fortuna.

Alla prossima fila.

Cards Against Humanity – Un gioco per persone cattive

IMG-20180325-WA0003
Mi sembra giusto!

Cards Against Humanity è un gioco di carte molto semplice: ci sono delle carte nere e delle carte bianche (tante, tantissime). Lo scopo del gioco? Completare le frasi delle carte nere con quello che avete sulle carte bianche ed essere il più bastardo possibile. Vince chi ha completato più frasi che hanno fatto spanciare dalle risate i vostri amici/parenti over 18 (anche se alcuni lo segnalano per 14+, ovviamente dipende tutto dal tipo di giocatori!). Si può nominare uno zar, ovvero colui che farà da giudice esterno oppure votare la carta migliore tutti insieme.

Si spazia dalla politica, al sesso, dal razzismo, alla religione, insomma, nessuno è risparmiato da queste tremendissime carte: per questo, se siete facilmente impressionabili o molto pudici, non è il gioco fatto per voi! Qualche carta è veramente contro l’umanità e ci insulta senza troppi giri di parole.

Siamo veramente orribili, ci meritiamo i giochi di carte che ci rappresentano, già, già…

Attenti però: a seconda delle versioni del gioco (UK, USA) ci possono essere modi di dire più o meno conosciuti ad un pubblico italiano, quindi c’è bisogno di una buona conoscenza della lingua inglese (ma quella si sa, non guasta mai) per poter godere appieno delle battute ironiche.

Qui sotto trovate un paio di esempi che mi son capitati fra i meno volgari…

Now at the Natural History Museum: an exibit on _________ (Adesso al Museo di Storia Naturale: un’esibizione su_____)

  • Academy Winner Maryl Streep. (vincitrice di Oscar Maryl Streep)
  • Slaughtering innocent civilian. (massacrare civili innocenti)

Mr. and Mrs. Diaz, we called you in because we’re concerned about Cynthia. Are you aware that your daughter is_________? (Signore e Signora Diaz, vi abbiamo convocato perché siamo preoccupati per Cynthia. Siete a conoscenza del fatto che vostra figlia sia________?)

  • Being able to talk to elephant (capace di parlare con gli elefanti)
  • A middle-aged man on roller skates (un uomo di mezza età sui pattini)
  • Gandhi

A romantic, candlelit dinner would be incomplete without (Una cena romantica a lume di candela sarebbe incompleta senza)

  • Catapults (catapulte)
  • Being on fire (andare a fuoco)

Potete comprare questo gioco di carte su Amazon: mia sorella mi ha regalato l’edizione UK, ma date un’occhiata anche alle altre versioni!

Se invece volete una versione più fai da te, su questo sito trovate l’edizione italiana totalmente free da scaricare. Complimenti ai ragazzi che hanno fatto questo lavoro!