Indifferenti

 

indifferenti
Quando non ci fu più nulla da distruggere, gli Yoxindiani offrirono ai poveri superstiti una nuova casa…

Si era svegliata presto quella mattina, per essere sicura di aver preparato tutto l’occorrente per la partenza: la valigia nera piena di graffi, la borsa a tracolla con la fascia mezza mangiucchiata dal vecchio cane Miko, il giaccone con le mille tasche per avere tutto a portata di mano. Il passaporto era in regola, aveva controllato la data di scadenza almeno una dozzina di volte; sul tesserino sanitario, c’erano scritte in ordine cronologico tutte le vaccinazioni obbligatorie per poter vivere sul pianeta Yox; la foto che la rappresentava su entrambi i documenti era recente e le era costata più di cinquanta crediti farla, ma sapeva che ne sarebbe valsa la pena.

Adesso che se ne stava in fila in una coda di centinaia e centinaia di persone disperate come lei, l’ansia stava cominciando a salire alle stelle; si mangiucchiava il labbro inferiore di continuo, giocando distrattamente con un lembo di una manica del giaccone. In lontananza, dietro il posto di blocco, l’aspettava una nave spaziale immensa, grande tanto quanto un grattacielo: l’Excelsior, una delle più grandi mai costruite nella storia dei viaggi interstellari. Ovviamente, era stata progettata insieme agli Yoxindiani, gli abitanti del pianeta Yox: ne era passato di tempo dal primo contatto alieno! Gli Yoxindiani erano sembrati degli alieni pacifici, nonostante il loro aspetto minaccioso: alti due metri, ricordavano degli scarafaggi, con quelle loro lunghe antenne e zampette munite di artigli. Dotati di due paia di occhi neri e lucidi e di una mandibola, erano tutto fuorché rassicuranti. Guardò verso il posto di blocco, dove gli Yoxindiani avevano adibito degli sportelli per scansionare gli umani da capo a piedi: uno di loro leggeva i documenti, l’altro si limitava a schioccare le mandibole ritmicamente.

Rabbrividì, sapendo che in quel momento lo Yoxindiano stava parlando con l’uomo davanti a lui: comunicavano telepaticamente, traducendo la loro lingua in quella dell’interlocutore di turno. Non per questo, le lingue non le studiava più nessuno sulla Terra. Le venne da ridere a quel pensiero, come se qualcuno studiasse ancora qui! C’era stata l’Ultima Grande Guerra che aveva messo in ginocchio l’economia mondiale, mandando in fumo i sogni di milioni di giovani come lei: bisognava stare attenti ad uscire di casa per non essere colpito dai proiettili o dai gas tossici. Internet era stato censurato, piccoli uomini erano stati innalzati a dei in terra, acclamati fino al giorno in cui vennero sconfitti anche loro. Politici, pensò, fatti di carne e sangue come tutti. Gli alieni rimasero in disparte a guardare come i diversi paesi giocarono a farsi a pezzi a vicenda; poi, quando non ci fu più nulla da distruggere, gli Yoxindiani offrirono ai poveri superstiti una nuova casa.

Yox.

Si grattò il naso per un attimo, tornando a giocare con il lembo del giaccone. Faceva freddo, tanto che delle piccole nuvolette di condensa si alzavano dalla lunga fila, con le persone strette strette fra loro; le ricordarono le colonie dei pinguini che tanto tempo prima abitavano il Polo Sud.

“No, vi posso spiegare,” un uomo allo sportello sbatté entrambi pugni sul bancone, cercando di contenere la rabbia che gli faceva tremare la voce; accanto a lui, c’era una bambina che avrà avuto quattro o cinque anni ed osservava l’alieno con la testina reclinata all’indietro. “Non ho avuto il tempo di rifare i documenti,” continuò l’uomo, “costano moltissimo le foto, vi giuro che sono io quello lì e questa è mia figlia, c’è scritto! Potete leggerlo nella mia mente!”

L’alieno addetto ai documenti si guardò con il suo vicino, poi prese il pezzo di carta e lo gettò in un inceneritore lì accanto.

Fece un segno di no con la testa.

L’uomo non si mosse, sbattendo i pugni con più forza sul bancone. “Non potete! Vi prego! Devo passare!”

“Papà?” La bambina tirò il padre per la tasca dei pantaloni, spaventata. L’alieno adesso si stava avvicinando, rizzando le antenne e gli artigli.

A quel punto, l’uomo prese la figlia in braccio, allontanandosi con un’espressione sconvolta in viso; guardò prima gli alieni, poi l’Excelsior, poi sua figlia.

“Ti vuoi sbrigare?!” Sbottò la donna che lo seguiva, “c’è una fila di gente qui!”

Senza poter dire altro, l’uomo si dileguò, degnando nessuno di uno sguardo.

La donna che aveva appena parlato commentò stizzita con un finalmente era ora, prima di avvicinarsi con il marito e valigie al seguito. Adesso che si era avvicinata allo sportello riusciva a vederla meglio: indossava degli abiti succinti ma di buona fattura, roba che non trovavi tutti i giorni ormai. Non ci mise troppo a passare il controllo, ovviamente. Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo: quella donna era una dei pochi ricchi rimasti, i suoi documenti erano sicuramente perfetti.

Le ci vollero altri venti minuti prima di giungere allo sportello: una coppia di donne venne portata via di peso perché non avevano dichiarato i tre pacchetti di sigarette trovati nelle loro tasche dei jeans; un altro uomo tentò di correre verso l’Excelsior, prima di stramazzare a terra, colpito da una guardia Yoxindiana; una famiglia dovette partire lasciandosi dietro zii e cugini. C’era così tanto dolore in quel luogo che doveva rappresentare la speranza e la rinascita, eppure questo non scoraggiava le persone a tentare di passare i rigidi controlli alieni.

Era il suo turno.

Timidamente camminò in avanti, con una mano stretta intorno al manico della valigia e l’altra con i documenti in bella vista.

“Buongiorno,” disse piano, porgendo le carte all’alieno.

Salve, umana.

Rabbrividì nel sentire la voce fredda e stridula dello Yoxindiano risuonare nella sua testa: era come se qualcuno le stesse entrando nel cervello, spostando ricordi ed emozioni, facendosi strada tra sogni e paure.

Si sentì nuda.

Nessuna famiglia?

“No,” rispose ad alta voce, sentendosi stupida, visto che l’alieno già doveva sapere la risposta.

L’alieno le ridiede le carte e le fece un cenno di andare.

“Grazie,” disse, affrettandosi a raggiungere la pedana della nave spaziale: la testa le girava, sentendosi svuotata da ogni emozione.

Non provava più nulla.

Si girò per guardare un’ultima volta la lunga fila di migranti come lei, in attesa di conoscere il loro destino; dietro la recinzione in ferro, lontano dagli sguardi degli Yoxindiani, c’erano l’uomo e la bambina che aveva visto prima allo sportello. L’uomo si era poggiato contro la recinzione, fissando l’Excelsior con occhi vitrei; la bambina, disegnava con un pezzo di legno bruciato sulla polvere a terra.

Ma non c’era pietà, né tristezza per loro, solo tanta indifferenza.

Sorrise, riprendendo a camminare sulla pedana.

Yox era la sua nuova casa.