Di tour, bus e musei sui Beatles non ne mancano di certo a Liverpool, città natale di una delle band più influenti e famose al mondo. Al che per scegliere, mi sono fidata di Tripadvisor e devo dire di aver fatto bene: The Beatles Story merita sicuramente una visita, o più di una se siete grandi fan.
Situato nel suggestivo Royal Albert Dock, è difficile farselo scappare: la musica dei Beatles risuona per il quartiere, facendo da sottofondo ai vacanzieri seduti ai tavolini del locale poco più in là: ci passi 10 minuti e ti rendi conto che fanno passare però le stesse 3 canzoni messe in croce di 13 album e quintali di materiale. Mmm. Però vabbè, chissene frega, si scendono le scale e si va dritti a fare i biglietti, prendendosi anche l’audioguida inclusa nel prezzo.
Si segue un percorso ben delineato, dalla nascita dei Fab Four, alle prime band e concerti in simpatia; al periodo in Germania e il Cavern Club di Liverpool, quest’ultimo ricreato nello spazio del museo.
Praticamente ancora ragazzini, con le giacche di pelle e pantaloni attillati, avevano riscosso non poco successo. Ascoltando la mia guida, mi veniva da sorridere a pensare a queste signore che una volta facevano carte false per restare fuori fino a tardi per andarsi a divertire, bere e stare in compagnia: un po’ come quando avrei pagato oro per starmene le ore sotto l’Intendenza di Finanza a Latina, ad atteggiarmi da grande ad ascoltare i Nirvana. Certo, queste signore possono dire di avere avuto a che fare con i Beatles: quindi non me ne voglia Fidanzato che resterà sempre il mio batterista preferito dopo Ringo Starr.
E quindi non può mancare la storia di Brian Epstein, il manager della band nonché il “quinto” Beatles, e dello studio di Abbey Road. Lo spazio è stato riprodotto fedelmente ed è interessante affacciarsi per vedere gli strumenti lasciati lì, come se da un momento all’altro debba tornare qualcuno per suonarli. Durante la visita, finisce una track della guida e così ne cerco un’altra, mentre scatto foto a più non posso; c’è un gran silenzio, interrotto dai passi dei visitatori come me e per un attimo sembra di essere in chiesa.
Più avanti si parla della Beatlemania, al loro periodo negli Stati Uniti, dove sconvolgono le masse di teenagers con la loro musica: tutti li vogliono e tutti vogliono essere come loro. Non mancano quindi gadgets come magneti, cartoline, perfino calze con i volti dei Beatles su di esse… Passando prima per la riproduzione dell’aereo su cui viaggiarono!
Una sezione del museo è dedicata ovviamente a Yellow Submarine, il cartone animato psichedelico del 1968, nonché il film che per molti Millennials è stata l’introduzione ai Beatles: di sicuro lo è stato per me, tanto che per anni è stato un comfort movie, quel cartone che riguardi più volte con piacere e che non ti stanchi mai di seguire. Si parla anche del film Help! ovviamente, con tanto di locandina.
Molto interessante la parte finale della visita, con sezioni per il loro perido in India e singole zone dedicate ad ogni singolo membro della band dopo la rottura: c’è perfino la riproduzione della white room, famosa location del video di Imagine di John Lennon, oltre che i suoi iconici occhiali sotto teca.
Finita la visita riconsegni audioguida con cuffie annesse, ritrovandoti così nel café e successivamente nel negozio con souvenir di ogni tipo. Da brava ragazza che sono, ho pure fatto visita ai bagni che sono fantastici e in tema sottomarino giallo anche loro, ridevo come una scema mentre mi lavavo le mani e canticchiavo “She Loves You YEAH YEAH YEAH!”
Fuori ci sono 32°, il sole spacca le pietre e i camioncini vendono gelati al modico prezzo di 5£ a conetto(!!!). I gabbiani polletto fanno il bagno e un po’ fanno invidia, ma solo un po’, perché che ne vuoi che se ne faccia un polletto dei Beatles: non ne ha idea.