Negozi che riaprono: code, mutande e mascherine (eh? Ma dove?)

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*Ride* Sono in pericolo, commessi che devono tornare nei negozi a lavorare dopo mesi di chiusura.

Domani riaprono grandi catene di negozi in Inghilterra, Irlanda e Nord Irlanda: per quanto riguarda la Scozia e il Galles, ancora si aspetta la decisione del Parlamento e dell’Assemblea locali.

Non ci vorrà molto, mi aspetto di tornare nel covo di germi in negozio sanificato e purificato con il fuoco entro fine mese, ma chissà.

Con questo non significa che alcuni negozi non abbiano già riaperto nei scorsi giorni: Penneys (Primark nel resto dell’Europa) nota catena di abbigliamento irlandese, ha riaperto le porte degli store a Cork, Limerick e Dublino.

Le scene sono state le seguenti, riprese e postate su Twitter (basta una ricerca sul social riguardo Primark e ve ne verranno fuori un po’, giusto per farvi un’idea dell’isteria di massa):

 

Ora, io capisco che dopo 3 mesi senza mutande uno magari avrà anche iniziato ad indossare foglie di fico, capisco che magari si siano distrutti tutti i pigiami a forza di indossare solo quelli chiusi in casa davanti Netflix…

Ma c’è bisogno della ressa stile fine del mondo? Code lunghe isolati senza rispettare la distanza di sicurezza, senza mascherina, uno sopra l’altro? 

I negozi stanno riaprendo per non richiudere, per lo meno quello è il loro intento.

Non c’è fretta.

“Ma quella è l’Irlanda! Che ti frega!”

Come se in Regno Unito le persone siano diverse solo perché cambia bandiera e c’è una regina da qualche parte in quaratena, protetta sotto una campana di vetro con il marito defunto.

E non parlo solo di Penneys-Primark, parlo di tutti, pure del più fetente dei negozietti nascosti nelle viuzze ottocentesche; sanificheranno i pomelli delle porte dei bagni, così da potercisi specchiare o leccarli se quella è la vostra debolezza.

Basta che compriate, orsù, in barba al virus.

I commessi avranno le mani incartapecorite dopo aver passato gel antibatterico almeno 100 volte al giorno, dopo ogni singolo tocco di unghia, mignolo, transizione con cliente. Cliente che non avrà la mascherina, che magari tossirà contro il grande schermo di plastica “perchè tanto viene pulito dal commesso coff coff visto che è il suo lavoro coff coff.”

La vita sarà diversa per un po’, dicono le e-mail aziendali, le carte fedeltà del supermercato, i cinema e pure le ditte di pulizia delle scale condominiali. Siamo forti insieme, ne usciremo migliori!

Mmm.

Se devo tornare in lockdown per colpa di due mutande, dico solo che se le meritano le foglie di fico.

Alla prossima.

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Sembra che gli amici che hanno torto su tutto, hanno di nuovo torto su tutto, tweet che spiega la situazione attuale. Speriamo bene.

Chiudere o non chiudere, cronache dal Regno Unito ai tempi del coronavirus

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Chiesa di San Cuthbert, Edimburgo.

Le scuole in Regno Unito hanno chiuso venerdì, dopo tanti vedremo, chissà, detti a mezza voce; era inevitabile che si arrivasse ad una decisione simile, decisione pari a nulla se confrontata con quelle prese in giro per l’Europa. Il social distancing, ovvero la distanza di sicurezza da mantenere da persona a persona di almeno un metro, non viene applicata a dovere, ve lo garantisco.

Qui ad Edimburgo hanno chiuso i ristoranti, i pub, i musei, il castello, le attrazioni per turisti in generale, turisti che nel migliore dei casi sono in quarantena nel loro paese ad aspettare che tutto torni alla normalità.

Chi può lavora da casa, mentre qualche negozio ha chiuso a tempo indeterminato, vedi Primark (abbigliamento) o la Apple (telefonia) per salvaguardare i clienti e il loro staff.

Eh.

Per quanto riguarda la compagnia per cui lavoro, hanno lasciato inendere tra le tante belle parole che non si chiuderà fino ad una direttiva ufficiale ufficiosa del Governo: e ci credo, stanno vendendo manco fosse Natale, vogliono salvaguardare il loro business.

Certo, un Natale oscuro ed incerto, senza Babbo Natale, regali ed una data sicura.

Quando mi trovo in negozio sembra che debba accadere qualcosa da un momento all’altro: non si sa bene che cosa, ma si percepisce un’ombra sui libri e giochi patinati, un suono distorto sotto la musica allegra.

Se prima ero l’unica a preoccuparmi, le notizie dall’Italia stanno iniziando a colpire anche il resto dello staff (o quasi). Qualcuno mi ha chiesto notizie in generale, altri mi hanno chiesto se la mia famiglia stesse bene o come stessero vivendo in quarantena.

Punto Interrogativo, Importante, Segno, Problema

Quando chiuderemo? Ma perché, chiuderemo? Resteremo aperti per sempre, assieme ai supermarket? Posso stare a casa? Me ne sto in autoisolamento? O vengo lo stesso e rischio? E se mi ammalo? E se non mi ammalo, ma poi mi ammalo lo stesso? E lo stipendio, come campo?

– Tante domande che ho sentito, poche risposte chiare per ora.

Accanto alla cassa sono apparsi cartelli che invitano ad usare la carta per pagare ed evitare il contatto fisico, evitare di far girare la moneta batteriologica; qualcuno ha la premura di indossare i guanti, altri se ne strafregano e ti passano le monete dopo averti toccato la mano a dovere.

Se agli over 70 hanno detto di restare in casa, qualche signore entra a testa alta e va alla cassa giustificandosi con un “mi annoio, fa niente pure se mi ammalo,” lasciandomi basita.

Il gel per le mani è introvabile, niente di nuovo lo so: un negozio vicino a quello per cui lavoro ha avuto una consegna speciale di gel che è finito nel giro di due ore, con tanto di litigi a tutto spiano. Già, pare che una signora volesse portarsene via una dozzina ma è stata fermata dalla commessa: solo uno a persona, ha ricordato, facendola diventare paonazza.

Eh, ma io li compro per tutta la mia famiglia.

E io invece ci condisco la pasta, sa, quel sapore di aloe vera mista ad alcool è sublime, che bontà.

Roba da matti, storie uguali a tante altre che si sentono in giro per il mondo: altruismo zero. Basti pensare ai supermarket, dove i panic buyers hanno saccheggiato pure farina, pane, frutta e verdura: chi non può fare una grande spesa o stacca da lavoro la sera, non trova nulla sugli scaffali, restandosene a mani vuote. Si stanno organizzando in questi giorni per dedicare la prima ora solo per gli anziani, i disabili e lo staff medico (NHS).

E meno male.

Le mascherine in giro per le strade sono poche, ma iniziano a fioccare timide qua e là, qualcuno usa un foulard e si getta intrepido nella folla che non dovrebbe essere lì.

Qualche collega ha deciso di restare a casa: non se la sentono di stare a contatto con le decine e decine di persone che entrano nel negozio a caccia di puzzle.

E fanno bene, perché lo farei anche io.

Ma resisto, per ora.

Adesso è primavera e per gli scozzesi i primi raggi di sole sono irresistibili: quanto vorrei far vedere a tutti le scene dall’Italia, cosa sta succedendo nel mio paese.

Ho raccontato di Bergamo ad una collega che ha sgranato gli occhi.

Ma come sempre, lavatevi le mani e non state troppo vicini, dice Johnson.

Una montagna di carta igienica ci salverà

Se l’emergenza del coronavius ha portato l’Italia sotto quarantena – e sicuramente voi lo saprete meglio di me – la situazione in Gran Bretagna non è cambiata più di tanto, anzi non è cambiata per niente.

Ma dico sul serio, la gente se ne va in giro allegramente in greggi, nonne con a carico bimbi di ogni età, mamme a caccia di regalini e libricini vari; alcuni sembrano cascare dal pero quando si parla di virus e quarantena, vedono il pericolo così lontano perché dopotutto la vita continua ad andare avanti come se nulla fosse.

Poi però assistiamo a queste scene apocalittiche nei supermercati: vuoi il sapone, gel per le mani, carta igienica? Ritenta, sarai più fortunato (ma anche no). Manca pure la pasta, di solito sempre presente sugli scaffali del supermercato di turno, perché sia mai che un britannico resti a casa senza pasta da condire con del ketchup (storia vera raccontato da uno del luogo, accompagnata da una zuccheratissima bibita zuccherosa).

Ho assistito alla scena di due ragazze pronte a portarsi a casa una scorta di spray antibatterici che sarebbero stati sufficienti per aprire una ditta di pulizie clandestina, fermate dal commesso di turno che ha ribadito “solo uno per persona”.

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Cartello fuori Boots al centro della città.
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Niente gel antibatterico per mani in questo Sainsbury, una settimana fa, ma per lo meno si trovavano ancora i saponi in quantità.
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“Per favore, pensa prima di comprare” – Dopo una settimana, non essendoci più saponi, hanno cercato di limitare la vendita di massino 5 flaconi per cliente, sempre Sainsbury.
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Spray antibatterici, la situazione era questa: più cartoni che spruzzini.
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Razzia della carta igienica, olio su tela, 2020. Notare come ce ne fosse ancora in alto, la maggioranza delle persone è nana come me.

Allora mi chiedo: mi stanno prendendo il giro? 

“Eh, stanno chiudendo le scuole nel resto d’Europa, qui ancora non si fa!”

Eh, signora mia, che le posso dire io che sono venuta qui un anno e mezza fa? Non ho votato io il cugino di Trump con i capelli spettinati, manco la Brexit se è per questo. Non ho messo io al governo uno che dice che purtroppo molti dei vostri cari moriranno, così, come se stessimo parlando di numeri invece che di persone.

Ma sì, fa niente! Qualcuno pare abbia deciso di non mandare i figli a scuola, per farli però scorrazzare beatamente per negozi: praticamente, le situazioni surreali che si sono create in Italia due settimane fa, si stanno riproponendo qui tali e quali.

C’è chi si lecca il dito per sfogliare la rivista, quello che si stropiccia gli occhi e il naso e di nuovo gli occhi, la signora che ti tossisce addosso per poi prendere il fazzoletto… Eh, però volete mettere, hanno il trono di carta igienica a casa!

Sono pronti a tutto!

Se Quando i casi di coronavirus schizzeranno alle stelle qui in Gran Bretagna, abbiamo la soluzione: cospargerci di amuchina (introvabile), impugnare uno spray antibatterico, fasciarci con la carta igienica ed uscire di casa a mo’ di mummia. 

Successo garantito, altro che vaccini.

Boh.

Non ho parole.

“Lavatevi le mani!!!”

Come se adesso bastasse solo questo, Boris.