Netflix ci sta dando tanto, tantissimo: volevi guardare quella famosa serie TV mandata in onda nel 2000? La vedi su Netflix! Vuoi vedere qualcosa di nuovo, che ne so, un film indipendente scritto e diretto in un mese? Ma ci pensa sempre lui, Netflix, la piattaforma streaming che fa impazzire mezzo mondo. Fin qui non c’è niente di male, ci offre intrattenimento, ore ed ore passate su un divano o su una sedia con gli occhi incollati allo schermo del PC o della TV.
Spazio all’originalità
In un mondo dove al cinema mandano remake dei remake o saghe interminabili (Animali Fantastici, Star Wars, X-Men, tutti i film Disney in carne ed ossa), sicuramente Netflix offre una vasta gamma di prodotti originali che può soddisfare anche lo spettatore più esigente. Ho guardato film come Bright o Mute e ho apprezzato entrambi, chi più, chi meno.
Bright è un urban fantasy, dove seguiamo la storia di questo personaggio à la Will Smith (interpretato da Will Smith, appunto) in una Los Angeles popolata da creature magiche: orchi, fate, elfi, il tutto condito da magia. A quanto pare, faranno un sequel ed io lo attendo curiosa di sapere cosa si inventeranno mai. Insomma, un film senza infamia e senza lode.
Anche il film fantascientifico Mute è figlio di Netflix, scritto e diretto dal regista Duncan Jones: il barista muto Leo è alla ricerca della sua fidanzata scomparsa in circostanze misteriose, muovendosi in una Berlino futuristica dove non tutto è quello che sembra.
Ma non è tutto oro quello che luccica: ogni tanto, l’incantesimo Netflix può rompersi.
Il troppo stroppia
Le serie TV si sa, a lungo andare possono stancare anche il più sfegatato tra i fan. Si rischia di perdere di vista la trama e il carattere dei personaggi stessi, tanto da vederli snaturati di puntata in puntata. (Supernatural)
Stranger Things la considero a rischio: bella la prima stagione, forzata la seconda. Se nella prima si cercava di capire che cosa fosse questo mondo del “sotto-sopra” e seguivamo i ragazzini da un capo all’altro della cittadina in sella alle loro biciclette, nella seconda sembra tutto scritto solo per portare avanti il filone fortunato della nostalgia anni ’80. A giugno inizia la terza stagione e non so che pensare: ci faranno pure una quarta, una quinta, seguiremo ‘sti poracci di ragazzini fino al liceo? Ci andranno al liceo? Se fossi nel mondo del sotto-sopra, mi stancherei e pure tanto.
Un’altra serie che mi preoccupa è The Umbrella Academy, ripresa dal fumetto di Gerard Way e Gabriel Bà. La prima stagione si è concentrata nel presentarci i personaggi principali, questi ragazzi speciali ormai adulti, che da piccoli erano dei supereroi sotto lo stretto e rigido controllo del padre adottivo. La trama principale era evitare l’incombenza inevitabile dell’Apocalisse e salvare il mondo. Ho paura che cosa potrebbe accadere nella seconda stagione, soprattutto quando si usa un escamotage narrativo quale il viaggio del tempo. Lo trovo conveniente e pericoloso: Ritorno al Futuro insegna, non si gioca con il tempo! Poi vallo a spiegare al pubblico…
Black Mirror credo sia al sicuro poiché ogni puntata ha una trama e dei personaggi differenti che sono il suo punto di forza: ovviamente, vedremo che cosa si saranno inventati con la quinta stagione in arrivo. C’è da dire che nell’ultima ci sono stati un paio di episodi che mi sarei risparmiata: Crocodile (dove la sfortuna è comune a tutti i personaggi, troppe cose accadono per convenienza) e Metalhead (praticamente è The Walking Dead con dei robot a quattro zampe al posto degli zombie, tutto in bianco e nero).
Quindi?
Netflix dovrebbe concentrarsi nell’offrire storie autoconclusive, perché pure in TV le serie troppo lunghe diventavano tediose. Non saranno più gli anni ’90, ma il pubblico vuole sempre la stessa cosa: essere intrattenuto e non preso in giro.
E per favore, non fate remake o reboot: il mondo ne ha abbastanza! Il film Death Note, ispirato al famoso manga giapponese, non aveva bisogno di quella… Quella cosa.
Addio e grazie per tutto il pesce.
(Come sempre, de gustibus, gente!)